Costituisce un principio ben noto che la disciplina degli atti processuali di parte è caratterizzata dalla sanabilità dei vizi e degli errori commessi nel loro compimento, affinché possano essere conservati gli effetti del potere processuale comunque esercitato (in ossequio al brocardo «utile per inutile non vitiatur»). Infatti, la finalità precipua del processo civile è rappresentata dalla possibilità di ottenere una pronuncia nel merito sul diritto controverso e dalla eccezionalità dei casi in cui non possa essere resa la tutela richiesta (si allude al complementare principio di «effettività della tutela giurisdizionale» che, come si illustrerà innanzi, è stato declinato in modo tutt’affatto particolare nella materia condominiale).
Il Tribunale di Nuoro, sentenza 21 luglio 2023, n. 423, in ordine a siffatta problematica, confuta radicalmente - con dovizia di argomentazioni - la precedente soluzione (giustificandosi, così, l’evocazione del dilemma leniniano contenuta nel titolo di questa nota) a cui era pervenuta, nel 2011, la Corte di cassazione nella sua massima composizione.
La vicenda giudiziaria trae origine dall’impugnazione, formulata da alcuni condòmini di un edificio sito in Nuoro, proposta dinanzi al Tribunale competente, ai sensi dell’art. 1137 c.c., relativamente ad una deliberazione assembleare affetta, secondo gli istanti, da molteplici vizi (che qui si omette di descrivere stante la loro irrilevanza nell’«economia» della disamina).
Si costituiva il condomìnio eccependo l’inammissibilità dell’impugnazione in quanto proposta con «ricorso» (depositato nel termine di legge ma notificato quando lo stesso era ormai spirato) e non con «atto di citazione» e deducendo, inoltre, l’ineluttabile decorso del termine perentorio di trenta giorni, previsto dall’art. 1137 c.c..
Il Tribunale nuorese decide la controversia accogliendo l’eccezione, sollevata dal condomìnio, di decadenza dalla possibilità di impugnazione della deliberazione rilevando, inoltre - e qui si perviene al vero punctum dolens - ...