La fattispecie
Nel caso di specie, l’istante ha eseguito nel 2021 un intervento di recupero e restauro della facciata degli edifici esistenti, ai sensi dell’art. 1, commi 219 e 220, della legge 27 dicembre 2019, n. 160 (legge di Bilancio 2020), fiscalmente agevolabile con il riconoscimento al committente di una detrazione d'imposta pari, nel periodo d'imposta 2021, al 90% della spesa sostenuta per i lavori edili (trattasi, in particolare, degli interventi, ivi inclusi quelli di sola pulitura o tinteggiatura esterna, finalizzati al recupero o restauro della facciata esterna degli edifici esistenti ubicati in zona A o B ai sensi del decreto del Ministro dei lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444).
La società committente ha optato per l'applicazione del c.d. ''sconto in fattura'' di cui all'art. 121 del D.L. 19 maggio 2020, n. 34, convertito con modificazioni dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, sconto che il prestatore può recuperare sotto forma di credito d'imposta, con facoltà di successiva cessione ad altro soggetto.
Di conseguenza, l’impresa commissionaria istante ha emesso una fattura in acconto d'importo pari al 10% del corrispettivo concordato (regolarmente pagata dal committente) ed una successiva fattura a saldo, pari al 90% del totale dovuto, applicando l'intero ''sconto in fattura'' previsto. Nello specifico, l’istante, dopo aver indicato nella fattura a saldo l'importo complessivo dell'intervento effettuato (100%) ed aver portato in deduzione l'acconto in precedenza fatturato e pagato dal committente (10%), applicava lo sconto sulla differenza (90% dei lavori) evidenziando un netto a pagare di zero euro.
L'istante ha poi optato per la cessione del credito d'imposta ad un istituto di credito, il cui revisore legale, in sede di validazione del menzionato credito, ha però sollevato perplessità in ordine alla correttezza dell'operato, affermando che ...