1. Premessa.
L’edificio condominiale è destinato, all’evidenza, a subire gli effetti degli agenti atmosferici e, primo tra questi, dell’acqua piovana: si pone dunque la questione, di non poco conto, relativa al regime giuridico delle condotte (cd. pluviali o gronde) che, incassate o meno che siano all’interno dei muri perimetrali, consentono lo smaltimento delle acque meteoriche, mediante la loro adduzione nelle pubbliche fognature.
Questione, che invero, presenta risvolti pratici di non poco conto se si considerano le diverse tipologie costruttive degli stabili condominiali (che potrebbero essere composti da più corpi di fabbrica, ovvero da corpi di fabbrica a sbalzo) e delle relative coperture (a falda o piana) ovvero, ancora, il diverso regime proprietario o di uso - esclusivo o comune – di queste ultime, con la connessa possibilità, quantomeno astratta, di invocare l’applicazione dell’art. 1123, commi 2 e 3, cod. civ..
1. Il regime giuridico delle condotte pluviali.
L’art. 1117, n. 3, cod. civ., chiarisce, nella sua attuale formulazione, che sono oggetto di proprietà comune dei proprietari delle singole unità immobiliari dell'edificio, anche se aventi diritto a godimento periodico e se non risulta il contrario dal titolo, “…i manufatti di qualunque genere destinati all'uso comune, come…gli impianti idrici e fognari”; la previsione accomuna, dunque, sotto l’unico genus “impianto idrico”, tutti quegli elementi indispensabili a regolare il regime delle acque “condominiali” - bianche o nere che siano – sì da espellerle dall’edificio condominiale.
Non appare revocabile in dubbio, dunque, che le tubazioni in esame rientrino, salvo che il titolo disponga diversamente, tra i beni astrattamente comuni…ma a chi?
1.1 (Segue) Pluviale a servizio di lastrico o tetto di proprietà comune, a copertura di un edificio composto da un solo corpo di ...