La vicenda
Un condomino formula – unitamente all’impugnativa di una delibera ritenuta viziata – anche una domanda accessoria volta “a restituire tutte le somme che nelle more del giudizio fossero state versate in esecuzione della delibera impugnata”.
Tale domanda viene accolta in primo grado e poi rigettata in appello, poiché la documentazione comprovante gli esborsi sostenuti era stata prodotta oltre le preclusioni istruttorie ed era quindi inammissibile.
La corte di Cassazione nell’esaminare l’unico motivo di ricorso avanzato dal condomino scrutina l’ammissibilità della domanda in questione e si pone il problema della sua qualificazione giuridica e dei connessi oneri probatori.
La tesi dalla domanda di condanna generica
Il condomino ricorrente deduce – avverso la pronuncia della Corte di Appello - la violazione o falsa applicazione degli artt. 115 e 278 c.p.c. sostenendo che la domanda di restituzione di quanto via via versato in esecuzione di una delibera impugnata e poi annullata dovesse essere qualificata come domanda di condanna generica ai sensi dell’art. 278 c.p.c.
L’art. 278, prevede che il giudice possa, su istanza di parte, scindere la pronunzia di merito nell'ambito del medesimo giudizio: proposta una domanda di condanna volta ad accertare l'esistenza di un diritto la liquidazione di una somma può avvenire in un secondo momento tutte le volte in cui, per ragioni di opportunità e celerità processuale, si decida di provvedere intanto con una sentenza non definitiva che accerti la sussistenza dell'an, rinviando poi la quantificazione del quantum alla prosecuzione dello stesso giudizio.
E’ utile specificare che, la giurisprudenza della corte di legittimità nell’individuare i presupposti operativi di tale fattispecie processuale ha specificato più volte che non è sufficiente accertare l’illegittimità della condotta foriera di ...