Il caso ed i motivi del ricorso
Nella fattispecie esaminata dalla Corte di Cassazione, come emerge dalle brevissime note dedicate al fatto nella sentenza in commento, la Corte di Appello di Bari riformava la sentenza di condanna inflitta dal Tribunale di Foggia, riqualificando il fatto da violenza privata, ex art. 610 c.p., in tentata estorsione, ex artt. 56-629 c.p., confermando il medesimo trattamento sanzionatorio.
Per quel che emerge dalle brevi righe dedicate al fatto, i due imputati avrebbero posto in essere minacce nei confronti di un amministratore di condominio pugliese al fine di ottenere in appalto il servizio di pulizie di dieci condomini.
Avverso la sentenza ricorrono per Cassazione entrambi gli imputati, tramite il loro procuratore speciale, lamentando sostanzialmente due profili di violazione.
Con il primo, concernente un vizio procedurale, gli imputati contestato l’avvenuta riqualificazione da parte della Corte di Appello di Bari senza aver prima attivato il contraddittorio sul punto, in ossequio ai dettami della nota sentenza Drassich (Cass. pen., Sez. II, sent. n. 37413 del 15.5.2013).
Con il secondo motivo, invece, si contesta radicalmente la configurabilità del delitto di tentata estorsione, in ragione del più lieve delitto di tentata violenza privata, vista la diversità strutturale tra i due reati. In particolare, i ricorrenti sottolineano l’assenza di un danno in capo ai presunti danneggiati, i condomini, in quanto le minacce poste in essere nei confronti dell’amministratore non hanno condotto ad alcun risultato utile per gli imputati. Implicito nel motivo di ricorso l’attenzione sulla differenziazione soggettiva tra il soggetto minacciato, l’amministratore di condominio, ed i potenziali danneggiati, i condomini, motivo per il quale i ricorrenti invocano nuovamente la qualificazione in termini di tentata violenza privata.
Cenni sul delitto di estorsione
Il delitto di ...