La vicenda
Un amministratore di condominio, cessato dall’incarico a metà dell’anno di esercizio, viene condannato a consegnare – nelle mani di alcuni condòmini – il rendiconto della sua gestione parziale, unitamente alla documentazione in suo possesso, adempimento omesso in considerazione della mancata nomina del nuovo amministratore.
Il ricorso per cassazione promosso dal riluttante ex amministratore si incentra proprio sulla presunta legittimità del proprio rifiuto: egli sostiene che, nei condomini in cui sia obbligatoria la nomina dell’amministratore – nel novero dei quali rientra quello oggetto di causa – l’amministratore uscente avrebbe l’obbligo di restituire i documenti inerenti alla gestione e di rendere il conto soltanto al nuovo amministratore nominato dall’assemblea, e non anche ai singoli condòmini.
La tesi non viene accolta dal collegio di legittimità, che coglie l’occasione per una salutare ricognizione di principi fondamentali in tema di obblighi di rendiconto inerenti all’amministrazione condominiale.
La decisione della Suprema Corte
In primo luogo, la Corte individua le tessere essenziali del mosaico normativo che governa la materia.
La disposizione centrale è costituita dal comma 8 dell’art. 1129 c.c., il quale obbliga l’amministratore uscente, alla cessazione dell’incarico, a «consegnare tutta la documentazione in suo possesso afferente al condominio e ai singoli condomini».
La norma è stata introdotta dalla legge 11 dicembre 2012, n. 220, che tuttavia, nel sancire espressamente tale obbligo di riconsegna, ha semplicemente codificato un principio già consolidato nella giurisprudenza di legittimità, la quale non aveva neppure mai dubitato del correlato obbligo – pure gravante sull’amministratore cessato dall’incarico – di rendere il conto del proprio operato.
È noto, del resto, che il rapporto che lega l’amministratore al condominio è governato anche dalle norme sul mandato: sebbene la più recente giurisprudenza di legittimità, ...