IL CASO
Un condòmino, proprietario di una unità immobiliare all’ultimo piano dell’edificio, impedisce all’impresa incaricata dal condominio, di accedere all’interno del proprio appartamento per eseguire opere di riparazione del tetto e la controversia approda nelle aule giudiziarie.
La Corte d’Appello di Firenze, in riforma della sentenza del Tribunale di Pisa, dichiarava l’insussistenza dei presupposti richiesti dall’art. 843 del codice civile per generare obbligazioni a carico del proprietario esclusivo, rilevando che attraverso l’istruttoria svolta era emerso che l’impresa appaltatrice avrebbe potuto eseguire le opere transitando attraverso un sottotetto senza invadere la proprietà privata.
I Giudici del merito rimarcavano peraltro che il condominio richiedente non avesse dimostrato, di aver vagliato, senza alcun valido risultato, possibilità alternative.
Il condominio proponeva quindi ricorso in Cassazione e il Giudice Relatore della Suprema Corte, ritenuto che il ricorso fosse inammissibile, proponeva la sua definizione nelle forme di cui all’art. 380 bis c.p.c.
Il Presidente fissava quindi l’udienza in camera di consiglio ove veniva pronunciata ordinanza di inammissibilità.
DIRITTO
L’art. 843 del codice civile, al primo comma, dispone che “Il proprietario deve permettere l'accesso e il passaggio nel suo fondo, sempre che ne venga riconosciuta la necessità, al fine di costruire o riparare un muro o altra opera propria del vicino oppure comune”.
Il diritto di proprietà, riconosciuto e garantito dall’art. 42 della Costituzione, consiste nel diritto di godere e disporre in modo pieno ed esclusivo del bene da parte del suo titolare.
La stessa Costituzione, nel riconoscere l’assolutezza del diritto, riserva però alla legge il compito di regolamentarlo, limitarlo e addirittura comprimerlo a fronte dell’esigenza di tutelare superiori interessi pubblici o corrispondenti diritti di terzi.
La disposizione, posta a fondamento della pronuncia della Corte di ...