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Proroga dei divieti di licenziamento

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Disposizioni in genere

Proroga dei divieti di licenziamento

venerdì, 26 febbraio 2021

I commi da 309 a 311 dell’art. 1 della l. 178/2020 estendono fino al 31 marzo 2021 il periodo entro il qual resta preclusa ai datori di lavoro la possibilità di avviare le procedure di licenziamento collettivo e di esercitare la facoltà di recedere dal contratto per giustificato motivo oggettivo, salvo specifiche eccezioni. Sono, altresì, dichiarate sospese di diritto, con alcune eccezioni, le procedure di licenziamento già avviate successivamente al 23 febbraio 2020 e le procedure già avviate inerenti l’esercizio della facoltà di recesso dal contratto per giustificato motivo oggettivo.

Quali licenziamenti sono vietati?

I commi da 309 a 311 dell’art. 1 della l. 178/2020 estendono fino al 31 marzo 2021 il periodo entro il qual resta preclusa ai datori di lavoro la possibilità di avviare le procedure di licenziamento collettivo, di cui agli artt. 4, 5 e 24 della legge 23 luglio 1991, n. 223, nonché le ipotesi nelle quali il datore di lavoro non può esercitare la facoltà di recedere dal contratto per giustificato motivo oggettivo ai sensi dell'art. 3 della l. 15 luglio 1966, n. 604, e restano, altresì, sospese le procedure in corso di cui all'art. 7 della l. 604/1966. A ciò si aggiunge anche la sospensione di diritto le procedure di licenziamento già avviate successivamente al 23 febbraio 2020. 

In particolare, le disposizioni in commento prevedono che: 

- resta precluso l’avvio delle procedure di cui agli articoli 4, 5 e 24 della legge 23 luglio 1991, n. 223 e restano altresì sospese le procedure pendenti avviate successivamente alla data del 23 febbraio 2020, fatte salve le ipotesi in cui il personale interessato dal recesso, già impiegato nell’appalto, sia riassunto a seguito di subentro di nuovo appaltatore in forza di legge, di contratto collettivo nazionale di lavoro, o di clausola del contratto di appalto;

- resta preclusa al datore di lavoro, indipendentemente dal numero dei dipendenti, la facoltà di recedere dal contratto per giustificato motivo oggettivo ai sensi dell’articolo 3 della legge 15 luglio 1966 n. 604, il quale prevede che il licenziamento per giustificato motivo con preavviso è determinato da un notevole inadempimento degli obblighi contrattuali del prestatore di lavoro ovvero da ragioni inerenti all'attività produttiva, all'organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa; 

- restano sospese le procedure in corso di cui all’art. 7 della l. 604/1966, il quale stabilisce che, ai fini del licenziamento per giustificato motivo di cui all’art. 3, comportano una comunicazione del datore di lavoro nella quale egli deve dichiarare l'intenzione di procedere al licenziamento per motivo oggettivo e indicare i motivi del licenziamento medesimo nonché le eventuali misure di assistenza alla ricollocazione del lavoratore interessato. La comunicazione prelude ad un tentativo di conciliazione tra datore di lavoro e lavoratore previa convocazione dalla Direzione territoriale del lavoro: l'incontro si svolge dinanzi alla commissione provinciale di conciliazione.  

Preclusioni e sospensioni dei licenziamenti

In base al comma 311 dell’art. 1 della l. 178/2020, le preclusioni e le sospensioni di cui ai commi 309 e 310 non si applicano nelle ipotesi di licenziamenti motivati: 

- dal venir meno del soggetto imprenditoriale: 

a) per la cessazione definitiva dell’attività dell’impresa, conseguenti alla messa in liquidazione della società senza continuazione, anche parziale, dell’attività (sempre che nel corso della liquidazione non si configuri la cessione di un complesso di beni od attività che possano configurare un trasferimento d’azienda o di un ramo di essa ai sensi dell’art. 2112 c.c); 

b) in caso di fallimento, quando non sia previsto l’esercizio provvisorio dell’impresa, ovvero ne sia disposta la cessazione. Nei casi in cui l’esercizio provvisorio sia disposto per uno specifico ramo dell’azienda, sono esclusi dal divieto i licenziamenti riguardanti i settori non compresi nello stesso; 

- nelle ipotesi di accordo collettivo aziendale, stipulato dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale, di incentivo alla risoluzione del rapporto di lavoro, limitatamente ai lavoratori che aderiscono al predetto accordo. A detti lavoratori è comunque riconosciuta l’indennità di disoccupazione (Naspi), ai sensi dell’art. 1 del d.lgs. 4 marzo 2015 n. 22. 

Interruzione del rapporto di lavoro a seguito di accordo collettivo aziendale

Le interruzioni di rapporto di lavoro intervenute con un accordo individuale, preceduto da un accordo sindacale, secondo quanto previsto dall’art. 14, del d.l. 104/2020  e dell’art. 1, comma 311 della l. 178/2020, devono essere esposte all’interno del flusso Uniemens con il nuovo codice Tipo cessazione “2A”, avente il significato di: “Interruzione del rapporto di lavoro a seguito di accordo collettivo aziendale, stipulato dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale, di incentivo alla risoluzione del rapporto di lavoro”.

I datori di lavoro che abbiano utilizzato un codice Tipo cessazione diverso da quello sopra indicato, dovranno procedere alle necessarie correzioni, secondo le consuete modalità.

Inoltre, il datore di lavoro è tenuto al versamento del c.d. ticket di licenziamento, indipendentemente dal fatto che l’accordo preveda una risoluzione consensuale e non un licenziamento (v. mess. Inps n. 528 del 5 febbraio 2021).

A seguito della cessazione del rapporto di lavoro “è comunque riconosciuto il trattamento di cui all'art. 1 del d.lgs. 4 marzo 2015, n. 22”, per tale fattispecie il datore di lavoro è tenuto al versamento del c.d. ticket di licenziamento, disciplinato dall’art. 2, commi da 31 a 35, della l. 28 giugno 2012, n. 92. Ciò in quanto, in applicazione dell’art. 2, comma 31, della l. 92/2012, i datori di lavoro sono tenuti all’assolvimento della contribuzione in tutti i casi in cui la cessazione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato generi in capo al lavoratore il teorico diritto all’indennità NASpI, a prescindere dall’effettiva fruizione della stessa.

Revoca del licenziamento

In merito alla revoca di licenziamento, intervenuta nel periodo 15 agosto 2020 – 13 ottobre 2020 (in quanto la l. n. 126/2020, di conversione del d.l. 104/2020, ha abrogato il comma 4), il rapporto di lavoro deve considerarsi sospeso per il periodo che intercorre tra la data del licenziamento e la data della sua revoca e per tutta la durata dell’integrazione salariale, al termine della quale decorrono nuovamente gli obblighi contributivi in capo al datore di lavoro.

Si ricorda, tuttavia, che durante i periodi di integrazione salariale ordinaria o in deroga ovvero di assegno ordinario, le quote di TFR maturate restano a carico del datore di lavoro. I datori di lavoro soggetti alla disciplina del Fondo di Tesoreria, pertanto, devono versare al predetto Fondo le quote di TFR maturate dal lavoratore a decorrere dalla data del licenziamento revocato e durante il periodo di integrazione salariale (mess. Inps n. 1775 del 2020).

I datori di lavoro che non abbiano adempiuto al suddetto obbligo sono tenuti al versamento delle quote di TFR – maturate dal lavoratore a decorrere dalla data del licenziamento revocato e durante il periodo di integrazione salariale richiesto ai sensi del comma 4 dell’articolo 14 del D.L. n. 104/2020 – entro e non oltre il termine di versamento della denuncia successiva a quella di pubblicazione del presente messaggio, senza applicazione di ulteriori oneri.

Resta fermo che, per i datori di lavoro tenuti al versamento al Fondo di Tesoreria, l’obbligo contributivo permane secondo le ordinarie scadenze durante i periodi di integrazione salariale non connessi alla fattispecie oggetto del presente messaggio.

Infine, a seguito della revoca, viene meno l’obbligo del datore di lavoro di versamento del c.d. ticket di licenziamento. Pertanto, i datori di lavoro che hanno assolto l’obbligo di versamento, in conseguenza dell’intervenuta cessazione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato, avranno diritto al recupero dell’importo versato. Per il recupero del c.d. ticket di licenziamento eventualmente versato, i datori di lavoro dovranno avvalersi della procedura delle regolarizzazioni (Uniemens/vig) secondo le consuete modalità (v. mess. Inps n. 528 del 5 febbraio 2021).

 

 

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