Il regolamento di condominio dal punto di vista processuale
Il protagonista indiscusso della Sentenza nr. 2127 del 29 gennaio 2021 (giudice relatore, dott. Antonio Scarpa) è il regolamento di condominio di cui all’articolo 1138 codice civile.
Il Codice civile non definisce il regolamento, ma indica solamente il suo contenuto: riferendo, a tal proposito, che esso regola la vita di condominio, indicando le norme da seguire sull’uso dei beni comuni, sulla ripartizione delle spese, sul decoro del palazzo e così via.
La giurisprudenza ha definito il regolamento come lo «statuto della collettività condominiale: atto volto ad incidere con un complesso di norme giuridicamente vincolanti per tutti i componenti di detta collettività» (Cassazione civile 12342/1995).
Mette conto rammentare che esso deve essere sempre redatto in forma scritta a pena di nullità (Cassazione civile, Sezioni Unite, 943/1999) e dovrebbe sempre rinvenirsi come allegato del registro dei verbali, tenuto dall’amministratore (art. 1130 comma. 1 n. 7 Codice civile).
La relativa adozione è obbligatoria negli stabili in cui il numero di condòmini sia superiore a dieci (art. 1138 c. 1 c.c.), avvicendandosi a quelli in cui la presenza dell’amministratore è prevista come obbligatoria nei condominii che abbiano più di otto condòmini (art. 1129 c. 1 codice civile).
Ciò posto, il provvedimento che ci accingiamo a commentare esamina la portata delle norme del regolamento sotto il profilo processuale, verificando il grado di incisività di esso, sia in modo diretto che indiretto, cioè attraverso il valore di un giudicato esterno.
Il nocciolo della questione verte tutto sul limite apportato alla legittimazione passiva dell’amministratore condominiale da parte di una disposizione regolamentare, laddove prevede che: "l'amministratore ha la rappresentanza legale del condominio e può agire e resistere in giudizio sia ...