1) All’origine della ripartizione della spesa di riscaldamento.
In passato, ossia prima dell’entrata in vigore del D.lgs. n. 102/14 e, ancor prima, della legge n. 10/91, la ripartizione dei costi di riscaldamento ed acqua calda sanitaria erano regolati dal codice civile (art. 1123 comma 2 c.c.). Le spese dovevano essere ripartite tra i vari condomini in misura proporzionale al valore che la loro proprietà esclusiva aveva rispetto alle parti comuni. Per questo motivo si identificavano vari ed alternativi criteri di ripartizione della spesa. Il servizio riscaldamento è dato dal calore erogato dall'impianto nell'unità immobiliare di ciascun condomino e nella maggior parte dei casi, i vecchi millesimi di riscaldamento erano calcolati in funzione del volume complessivo dell’alloggio da riscaldare, oppure in maniera proporzionale alla superficie radiante dei termosifoni installati nell’alloggio il tutto per rispondere all’art. 1123 comma 2 c.c. Di norma era il regolamento di condominio che preveda una specifica regolamentazione della ripartizione della spesa, ed in assenza di questa si procedeva alla riparazione in base ai millesimi di proprietà ai sensi dell’art. 1123 comma 1 c.c.
2) Le prime disposizioni comunitarie.
La Direttiva 2002/91/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 16 dicembre 2002 sul rendimento energetico nell’edilizia ritiene che la fatturazione, per gli occupanti degli edifici, dei costi relativi al riscaldamento, al condizionamento dell’aria e all’acqua calda, sia calcolata in proporzione al reale consumo e che questo potrebbe contribuire ad un risparmio energetico nel settore residenziale. Gli occupanti dovrebbero essere messi in condizione di regolare il proprio consumo di calore ed acqua calda, in quanto tali misure siano economicamente proficue. La direttiva è stata recepita a livello nazionale con il D.Lgs n. 192\2005, in vigore dall’8.10.2005, che disciplina anche gli accertamenti, le ispezioni, le manutenzioni e l’esercizio degli ...