Il fatto.
Un Condominio aveva adottato una deliberazione assembleare il 15 novembre 2011 concernente l’utilizzo di una parte comune per l’installazione di un impianto fotovoltaico.
Tale deliberazione era stata impugnata da parte di un condomino dinanzi al Tribunale di Palermo. Nel giudizio di primo grado aveva aderito all’impugnazione così proposta dall’attore anche un altro condomino.
Il Tribunale di Palermo aveva accolto l’impugnazione della suddetta deliberazione, dichiarando però inammissibile la domanda di rimozione dello stesso impianto, perché proposta tardivamente.
Contro la sentenza del giudice di primo grado veniva proposto ricorso dinanzi alla Corte di Appello di Palermo, la quale pur correggendo la motivazione esposta dal giudice di primo grado, constatava che la pretesa di rimozione dell’impianto fotovoltaico era stata proposta dall’attore con memoria ex art. 183, comma 6, n. 1 (e non n. 2) e evidenziava che in questo modo tale domanda realizzava una mutatio libelli, non consentita in sede di appendice scritta dell'udienza di trattazione.
Contro la sentenza della Corte di Appello di Palermo il condomino già attore e ricorrente proponeva ricorso innanzi alla Suprema Corte di Cassazione sulla base di due motivi, mentre il Condominio e l’altro condomino non svolgevano alcuna attività difensiva.
La Corte di Cassazione rigetta il ricorso, per infondatezza dei due motivi prospettati, e condanna il ricorrente al pagamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato ex art. 13, comma 1-bis, d.P.R. 115/2002, pari a quello previsto per il ricorso principale, se dovuto.
Osservazioni.
I giudizi della Suprema Corte prendono in esame i due motivi di ricorso, articolati come segue.
Il primo motivo denuncia la violazione o falsa applicazione dell'art. 183 c.p.c., comma 6, n. 1, sul presupposto che la domanda di rimozione ...