L’art. 38-bis del DPR 633/72 fissa regole particolarmente stringenti per l’esecuzione dei rimborsi Iva. Anzitutto, per quei contribuenti considerati a rischio, ad esempio, nel caso siano stati destinatari di un avviso di accertamento nei due anni precedenti la richiesta: questi, nel caso in cui la richiesta superiori i 30.000 euro, dovranno prestare idonea garanzia, nella forma di una polizza fideiussoria, fideiussione bancaria, garanzia della capogruppo, per una durata di tre anni dall’esecuzione del rimborso. L’Ufficio poi, nel caso in cui nel periodo d’imposta relativo al rimborso abbia constatato uno dei reati generalmente correlati alle operazioni inesistenti (quindi, art. 2 del D.lgs 74/2000, utilizzo di fatture, e art. 8, emissione di fatture), potrà sospendere l’esecuzione del pagamento fino alla definizione del relativo procedimento penale.
Oltre alla sospensione cautelativa appena vista, sovente gli Uffici hanno opposto alla richiesta di rimborso da parte del contribuente il fermo amministrativo dei pagamenti stabilito dall’art. 23 del D.lgs. 472/97: la norma disciplina una procedura che permette all’amministrazione di bloccare l’erogazione dei crediti del contribuente, nel caso risulti notificato a questo un atto di contestazione o irrogazione delle sanzioni, ovvero un provvedimento con cui risultano accertati maggiori tributi, ancorché non definitivi; salvo poi, solo in presenza di definitività del provvedimento, pronunciare la compensazione definitiva del debito.
La questione del rapporto tra le due procedure cautelari, ed in particolare sulla possibilità o meno di opporre il fermo amministrativo di cui all’art. 23 del D.lgs. 472/97, anche nell’ambito dei rimborsi IVA, è stata risolta dalle Sezioni Unite della Cassazione, con la sentenza 2320/2020. Il responso dei giudici di legittimità è stato negativo, posto che il Decreto Iva, all’art. 38-bis, prevede già un autonomo sistema di garanzie, sia sotto forma di garanzie fideiussorie (bancaria, assicurativa, della capogruppo), sia ...