1. Con una recente decisione (Cass. 18 agosto 2020 n. 17216) la S.C. ha confermato sul punto la sentenza di merito che aveva accolto la domanda dei proprietari del primo piano di una villetta condominiale di arretramento fino alla distanza di mt. 3 di cui al primo comma dell’art. 907 c.c., che un altro condomino aveva realizzato nel resede di sua proprietà esclusiva, in appoggio al muro comune della villetta, in quanto la tettoia in questione risultava collocata in violazione della distanza legale dalla veduta esercitata da due soprastanti finestre dell’appartamento degli attori e la disciplina delle distanze dalle vedute fissata dall’art. 907 c.c. non poteva ritenersi derogata dalla disciplina dei diritti condominiali dettata dall’art. 1102 c.c., non ricorrendo, nella specie, alcuna incompatibilità tra le due discipline.
La S.C. ha così motivato:
Il Collegio osserva che nella giurisprudenza di legittimità si rinviene tanto un orientamento che tende a garantire il rispetto delle distanze in ambito condominiale (Cass. n. 955 del 2013, Cass. n. 7269 del 2014) quanto un orientamento che, in tale ambito, tende ad attribuire prevalenza alla disciplina dell’uso delle parti comuni del fabbricato (Cass. n. 6546 del 2010 in tema di balconi; Cass. n. 14096 del 2012 e Cass. n. 10852 del 2014 in tema di ascensori; Cass. n. 1989/16 in tema di tubazioni; da ultimo, in un caso del tutto sovrapponibile a quello in esame, Cass. 30528/2017).
Anche nell’ambito di tale secondo orientamento, tuttavia, si afferma che la concreta valutazione della compatibilità tra la disciplina delle distanze e le caratteristiche del fabbricato condominiale compete al giudice di merito; si veda, al riguardo, Cass. n. 6546/10, ove si afferma che “Le norme sulle distanze sono applicabili anche tra i condomini di un edificio condominiale, purché siano compatibili ...