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Interruzione e sospensione del termine per impugnare le delibere: il punto in tempo di COVID-19

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Liti condominiali

Interruzione e sospensione del termine per impugnare le delibere: il punto in tempo di COVID-19

martedì, 31 marzo 2020

Il contributo analizza i profili problematici inerenti al decorso ed al calcolo del termine perentorio di trenta giorni per l’impugnazione delle deliberazioni dell’assemblea condominiale in relazione agli effetti del D.L. 18/2020 sull’emergenza epidemiologica da COVID-19.

1) Premesse

L'impugnazione della delibera condominiale è inammissibile per inosservanza del termine decadenziale di cui all'art. 1137, co. 2, c.c., se proposta oltre il termine, inderogabile, di trenta giorni dalla comunicazione della delibera impugnata.

L’inammissibilità dell’impugnazione riguarda vizi comportanti l'annullabilità delle delibere e non già la nullità radicale delle stesse.

Proprio per tale ragione, ove il giudice abbia dichiarato nulla una deliberazione dell'assemblea, sussiste l'interesse della parte ad impugnare la sentenza anche al solo fine di ottenere una modificazione della qualificazione del vizio in termini di annullabilità della delibera medesima, se “a quest'ultima sia ricollegabile una diversa statuizione contraria all'interesse della parte, quale, ad esempio, la non soggezione della relativa impugnazione al termine di decadenza di trenta giorni previsto dall'art. 1137 c.c.” (Cass. Civ., sez. VI, 14/09/2017, n. 21339).

Il termine di decadenza previsto dall'art. 1137 c.c. ha natura sostanziale e non processuale e, quindi, non essendo sottratto alla disponibilità delle parti, la decadenza non può essere rilevata di ufficio dal giudice (Cass. Civ., sez. II, 01/04/2008, n. 8449): trattasi di c.d. eccezione in senso proprio, da sollevarsi nella comparsa di costituzione tempestivamente depositata.

Fermo il carattere sostanziale, il termine ha però “rilevanza processuale” e per tale ragione la Corte Costituzionale (sent.49/1990) lo ha ritenuto compreso tra quelli sospesi nel periodo feriale, ai sensi dell'art. 1 della legge 7 ottobre 1969, n. 742, oggi ridotto ai 31 giorni del mese d’agosto.

Per analoghe considerazioni, si è dibattuto se il termine per l’azione ex art. 1137 rientri o meno tra quelli sospesi anche per effetto della decretazione d’urgenza conseguente all’emergenza epidemiologica da COVID-19. 

Per le considerazioni e con le precisazioni che s’illustreranno di seguito, il dubbio deve ritenersi sciolto in senso positivo dall’art. 83 del D.L. 18 del 17 marzo 2020 (ad oggi, in attesa di conversione), il quale ha disposto la sospensione dal 9 marzo 2020 al 15 aprile 2020 “dei termini per il compimento di qualsiasi atto dei procedimenti civili e penali”, intendendosi pertanto sospesi, per la stessa durata, i termini stabiliti “….per la proposizione degli atti introduttivi del giudizio…. e, in genere, tutti i termini procedurali”, con differimento alla fine di detto periodo dei termini il cui decorso abbia avuto inizio durante il periodo di sospensione.

2) Gli effetti della domanda di mediazione

La decadenza dalla domanda giudiziale di impugnazione della delibera è impedita, ai sensi dell’art. 5, 6° comma, d.lgs 28/2010, dalla domanda di mediazione, che della prima costituisce pure condizione di procedibilità.

L’art. 71-quater, 2 co., disp.att. cod.civ., prevede che “la domanda di mediazione deve essere presentata, a pena di inammissibilità, presso un organismo di mediazione ubicato nella circoscrizione del tribunale nella quale il condominio è situato”.

Per l’effetto, è stato chiarito che “la celebrazione del tentativo di mediazione dinanzi ad un organismo non territorialmente competente va equiparata al mancato esperimento del tentativo (Trib. Bolzano, ord. dd.04.07.2016; Trib. Mantova sent. n. 1049/2015)” (Tribunale di Bolzano 31/08/2019 n.792). E, di fronte a simile eccezione - di parte - “non può essere accolta nemmeno la richiesta degli attori di rimessione nei termini ex art. 153 c.p.c. per l’introduzione di una nuova procedura di mediazione dinanzi, questa volta, all’organismo competente per territorio”, dipendendo l’instaurazione della procedura di mediazione obbligatoria dinanzi ad un organismo incompetente per territorio è dipesa da un errore imputabile alla parte attrice (Tribunale di Lamezia Terme 26/07/2018, n. 990). Rammentiamo che, invece, la proposizione dell’impugnazione innanzi a giudice incompetente è ritenuta idonea ad impedire la decadenza, qualora la causa sia tempestivamente riassunta davanti al giudice indicato nella pronuncia di incompetenza (Cass. Civ. n. 213/1950).

La giurisprudenza di merito, dopo qualche distonico orientamento nonostante gli orientamenti di legittimità, ha riconosciuto alla domanda di mediazione effetti interruttivi, e non meramente sospensivi, del termine decadenziale, con la conseguenza che, in caso di fallimento del tentativo, il termine per la proposizione della domanda giudiziale ex art. 1137 c.c. riprende a decorrere ex novo, con decorrenza dal giorno del deposito del verbale negativo presso la segreteria dell'organismo di mediazione (in questi termini: Tribunale di Salerno, 19/08/2019, n. 2619; Tribunale di Torre Annunziata, 03/07/2019, n. 1703; Tribunale di Sondrio, 25/1/2019, n. 48; Tribunale di Lecco 22/09/2018, n. 619; Corte appello Palermo 27/06/2017, n. 1245; Tribunale di Napoli 7/11/2017, n. 10959; Tribunale di Milano 02/12/2016 n. 13360; Tribunale di Monza 12/1/2016, n. 65. Al medesimo approdo, in diversa fattispecie, è giunta Cassazione civile sez. II, 26/10/2018, n.27251 e, prima, Cassazione civile, sez. un., 22/07/2013, n. 17781. Per l’opposto minoritario orientamento, Tribunale Palermo 18/09/2015, n. 4951).

La fattispecie costituisce, pertanto, deroga – sulla cui legittimità costituzionale ci si soffermerà oltre – al principio sancito dall’art. 2964 cod. civ., che esclude che la decadenza possa essere soggetta alla disciplina interruttiva e sospensiva, invece valevole per la prescrizione e dettata dai precedenti articoli 2934 e ss. cod. civ. (sul punto, Tribunale Roma 20/1/2020, n.1174).

Non ancora del tutto sopita nella giurisprudenza di merito dello specifico ambito condominiale appare, invece, la questione relativa all’attività sufficiente e necessaria ad ottenere l’effetto interruttivo del termine per impugnare la delibera e, cioè, se basti a tal fine il deposito della domanda presso l’organismo di mediazione, risultando indifferente la comunicazione alle altre parti, ovvero se occorra fare riferimento proprio a tale ultimo incombente.

L’art. 5, 6° comma, del d.lgs. 28/2010 prevede, in proposito, che “dal momento della comunicazione alle altre parti, la domanda di mediazione produce sulla prescrizione gli effetti della domanda giudiziale. Dalla stessa data, la domanda di mediazione impedisce altresì la decadenza per una sola volta”.

In tema di equa riparazione per la non ragionevole durata del processo, la Suprema Corte, sez. II, con sentenza n. 2273/2019, ha chiarito che “l'istanza di mediazione che preceda la relativa domanda interrompe, ai sensi dell' art. 5, comma 6, del d.lgs. n. 28 del 2010 , il decorso del termine semestrale di decadenza di cui all' art. 4 della l. n. 89 del 2001 dal momento della sua comunicazione alle altre parti e non da quello del suo deposito”.

Questione risolta, quindi? Non del tutto, parrebbe.

3) Gli opposti indirizzi: deposito o comunicazione?

3A) Primo indirizzo: il mero deposito della domanda di mediazione interrompe il termine d’impugnazione

Con sentenza n. 648, pubblicata il 18 marzo 2020, il Tribunale di Brescia, nell’ambito di un giudizio di impugnazione di delibera condominiale, è tornato ad affermare – seguendo le orme di Corte appello Brescia, sez. II, 30/07/2018, n.1337 – che “l’effetto impeditivo della decadenza… non può che collegarsi, di regola, al compimento, da parte del soggetto onerato della attività necessaria ad avviare il procedimento di comunicazione alla controparte, il che in ragione di un equo e ragionevole bilanciamento degli interessi coinvolti, dovrebbe valere altresì laddove, una volta presentata la domanda di mediazione, la fissazione della data del primo incontro e la stessa comunicazione rimangono demandate all’Organismo e perciò sottratte all’ingerenza dell’istante”.

Ad avviso del Tribunale di Brescia, infatti, “l’istanza di mediazione depositata presso l’Organismo autorizzato può essere catalogata alla stregua di un ricorso: è il deposito del ricorso che determina l’impedirsi della decadenza, non la notifica dello stesso”.

In tal senso, la pronuncia intende estendere analogicamente alla mediazione principi espressi, per tutte, da Cassazione civile sez. un., 14/04/2011, n. 8491, nell’ambito del noto contrasto in relazione agli effetti della domanda giudiziale ex art. 1137 c.c. azionata con ricorso anziché con atto di citazione. 

Il giudice di Brescia esplicita alcuni concreti timori che deriverebbero dal far gravare, invece, sulla parte istante anche gli oneri di comunicazione alla parte chiamata in mediazione: “Posto il caso di amministratore condominiale che non possegga un indirizzo email pec, in quanto per esempio condomino dello stesso complesso e quindi “prestato” al lavoro di amministratore condominiale: non si potrebbe ragionevolmente, alla luce dei principi generali e costituzionali che sono in vigore, ritenere che la decadenza del termine ex art. 1137 c.c. è impedita dalla ricezione della raccomandata di invito ad aderire alla mediazione. Potrebbe tale comunicazione non essere ricevuta nei trenta giorni per causa non imputabile neppure all’Organismo di Mediazione, in quanto è previsto per legge un termine di compiuta giacenza della raccomandata di trenta giorni”.

La tesi che addossa all’istante nel procedimento di mediazione anche gli oneri di comunicazione potrebbe quindi determinare, secondo tale ragionamento, l’intempestività dell’atto interruttivo del termine per impugnare, lasciando al contempo privo l’istante pure della possibilità di dolersene con l’incolpevole organismo di mediazione prescelto (a tal fine rilevando, peraltro, anche il regolamento del singolo organismo, che la parte istante accetta scegliendo quest’ultimo tra quelli territorialmente competenti, e che può disciplinare, in particolare, gli oneri di comunicazione del procedimento, sollevando espressamente l’organismo da doveri e responsabilità).

In termini analoghi alla recente pronuncia bresciana, ad esempio:

  • Tribunale di Savona 23/10/2018, n.1091 (“l’unico adempimento richiesto ai fini della procedibilità della domanda è il deposito della domanda di mediazione presso l’organismo deputato”);
  • Tribunale di Palermo 20/9/2017 n.4870 (“Ciò che risulta certo, in quanto espressamente disciplinato dal D.lgs. 28/2010, è che la procedura di mediazione si intende avviata alla data del ricevimento della domanda da parte dell’Organismo di mediazione”);
  • Tribunale di Velletri 5/5/2015, n. 1586 (“il termine stesso va considerato interrotto dalla proposizione, con deposito presso l’organo di mediazione scelto dall’opponente, della istanza di mediazione-conciliazione”).

3B) Secondo indirizzo: per interrompere il termine d’impugnazione della delibera occorre (invece) la comunicazione del procedimento al Condominio

Ad opposti approdi è recentemente giunta la Corte d’Appello di Milano con sentenza n. 253 pubblicata il 27 gennaio 2020.

Accogliendo l’eccezione della difesa del supercondominio convenuto, già condivisa dal Tribunale in prime cure, la Corte afferma che “non è dal momento della presentazione della domanda di mediazione, ma soltanto dal momento della relativa comunicazione all’altra o alle altre parti, che si verifica l’effetto, collegato dalla legge alla proposizione della relativa procedura deflattiva, di impedire la decadenza eventualmente prevista per la proposizione dell’azione giudiziale, come nel caso della impugnazione delle delibere dell’assemblea condominiale, ex art. 1137, 2° comma, c.c.”.

Non è infrequente che il difensore del condomino notifichi prima l’atto di citazione ex art. 1137 c.c. e, successivamente, la domanda di mediazione, così che il relativo procedimento si concluda nelle more della celebrazione dell’udienza di prima comparizione delle parti. In tal caso, la giurisprudenza ha (condivisibilmente) ritenuto tempestiva l’impugnazione (Tribunale di Roma, 19/4/2017 n.7784), pur in assenza di prova della tempestività della comunicazione del procedimento di mediazione.

In termini analoghi alla citata Corte d’Appello di Milano, si sono espressi, ad esempio:

  • Tribunale di Torino 23/3/2018, n. 1451 (“L'effetto impeditivo de quo non può, tuttavia, operare, considerato che lo stesso è ricollegato dalla norma che lo prevede non al deposito della domanda di mediazione ma alla comunicazione di tale domanda alla controparte”);
  • Tribunale Palermo 4951/2015, cit. (“in tema di mediazione, il termine decadenziale di trenta giorni per l'impugnazione della delibera assembleare rimane sospeso - per una sola volta - non dal giorno della presentazione dell'istanza, bensì dal momento in cui la stessa è comunicata alle altre parti”).

La tesi ha visto, anche nella materia condominiale, molti ulteriori precedenti di merito conformi, che possono essere distinti in due gruppi, in relazione all’imputazione – in capo alla parte istante ovvero all’organismo di mediazione – data all’onere di comunicazione:

3Bi) La comunicazione del procedimento di mediazione compete alla parte istante

E’ la tesi su cui non sembra avere dubbi la citata Corte d’Appello milanese: “l’onere della comunicazione (al fine anzidetto) della presentazione della domanda di mediazione incomb[e] sulla parte che l’ha presentata, e non già sull’adito organismo di mediazione, come si evince in modo univoco dalla stessa formulazione della norma”.

3Bii) La comunicazione del procedimento di mediazione compete all’organismo di mediazione

Si sono espressi, ad esempio, in tal senso:

  • Tribunale di Genova 11/6/2018, n.1665 (“per il rispetto del termine di impugnazione delle delibere assembleari si deve considerare la data di comunicazione dell’invito da parte dell’organismo di mediazione all’amministratore del Condominio”);
  • Tribunale di Ivrea 6/4/2018, n.348 (“al fine di individuare correttamente il momento in cui si verifica l’effetto impeditivo, occorre considerare il disposto dell’art. 8, comma 1, d.lgs. 28/2010, sulla base del quale è possibile affermare che il predetto effetto si verifica nel momento in cui la domanda viene comunicata alla controparte a cura dell’organismo di mediazione”). La motivazione, per il vero, prosegue rilevando come la scelta di rimettere ad un terzo il verificarsi dell’effetto impeditivo susciti perplessità, per il rischio che, per causa imputabile all’organismo di mediazione, il titolare del diritto possa incorrere in una decadenza. Tuttavia, è anche vero – prosegue il Tribunale – che una volta depositata la domanda di mediazione, il titolare del diritto non rimane assoggettato all’arbitrio dell’organismo ma può produrre di sua iniziativa l’effetto impeditivo provvedendo personalmente alla comunicazione. In tal modo, “Appare salvaguardato anche il principio generale secondo cui per evitare la decadenza è sufficiente (oltreché necessario) il compimento dell’atto, irrilevante restando la ricezione dello stesso da parte del destinatario (a differenza di quanto accade, ad esempio, per l’atto interruttivo della prescrizione ex art. 2943 c.c.)”.

4) Il contenuto della comunicazione alla parte chiamata in mediazione

E’ necessario dar conto di un’ulteriore biforcazione in cui ci si imbatte tanto si sposi la tesi che il soggetto onerato della comunicazione sia l’istante quanto si abbracci quella che investe dell’onere l’organismo: ai fini della valida interruzione del termine per impugnare la delibera, è sufficiente comunicare alla parte chiamata la domanda di mediazione ovvero deve esserle anche trasmesso il provvedimento con cui l’organismo abbia rubricato la procedura, designato il mediatore e fissato il primo incontro?

L’art. 8, co.1, DLgs 28/2010 prevede che, all'atto della presentazione della domanda di mediazione, il responsabile dell'organismo designa un mediatore e fissa il primo incontro tra le parti non oltre trenta giorni dal deposito della domanda e che, quindi, “la domanda e la data del primo incontro sono comunicate all'altra parte”.

In giurisprudenza, ancora due opposti indirizzi.

4A) Primo indirizzo: è sufficiente comunicare la domanda di mediazione

E’ la tesi della Corte d’Appello Milano n. 253/2020, secondo la quale gli effetti interruttivi propri della mediazione derivano dalla comunicazione – come detto, a cura dell’istante – della mera domanda di mediazione depositata presso l’organismo prescelto e non anche, come ritenuto dalla pronuncia di primo grado, del provvedimento dell’organismo.

Anche in questo caso, l’approdo è confortato da diversi precedenti, tra i quali:

  • Tribunale di Roma, 03/07/2019 n.13981 (“L’interruzione della decadenza e della prescrizione previste dall’art. 5 comma 6, d.lgs. 4 marzo 2010, n. 28 in materia di mediazione obbligatoria, si verifica per effetto - non già della mera presentazione dell’istanza di mediazione - ma solo nel momento in cui essa è comunicata alle altre parti, adempimento a cui può provvedere, ai sensi dell’art. 8, comma 1, la stessa parte istante”);
  • Tribunale di Torino n. 1451/2018, cit.;
  • Tribunale di Chieti, Sez. Distaccata di Ortona 15/01/2018 n. 3 (“Appare irrilevante il fatto che detta comunicazione avvenuta a mezzo di posta elettronica non contenesse il nominativo del mediatore e la data fissata per il primo incontro, atteso che la individuazione del mediatore designato e della data di comparizione delle parti rientrano nell’esclusiva sfera di competenza dell’organismo di mediazione, i cui eventuali ritardi non possono, evidentemente, ripercuotersi ai danni di colui che abbia tempestivamente presentato la domanda di mediazione (ed abbia anche provveduto in tempo utile alla comunicazione alle altre parti, ai sensi dell’art. 5 comma 6 d. lgs. n. 28/2010), facendolo incorrere in decadenze in nessun modo a lui imputabili”);
  • Tribunale di Napoli 7/11/2017, n. 10959 (“il termine di 30 giorni di cui all’art. 1137 c.c. […] veniva utilmente interrotto, secondo la previsione dell’art. 5 comma 6 D. Lgs. 28/2010, dalla comunicazione alla controparte, del deposito dell’istanza di mediazione”);
  • Tribunale Savona, 02 Marzo 2014 (“Il dettato della legge è chiaro nel collegare gli effetti impeditivi della decadenza, alla comunicazione della domanda di mediazione alle parti, e non già al mero deposito della domanda di mediazione presso l’organismo prescelto; Ciò tanto è vero che, attese le conseguenze così pregnanti per la parte proponente la procedura di conciliazione, l’art. 5, comma 6, del d.lgs. n. 28/2010 prevede che la domanda di mediazione possa essere comunicata direttamente alla controparte «anche a cura della parte istante», onde evitare che lo stesso possa essere pregiudicato da tempistiche proprie dell’ente di mediazione”).

4B) Secondo indirizzo: oltre alla domanda di mediazione è (invece) necessario comunicare anche il provvedimento dell’organismo

E’ la tesi sostenuta, ad esempio, da: Tribunale di Roma con sentenza 03/07/2019, n. 13981, sulla quale si ritornerà tra poco.

Negli stessi termini, con esplicita motivazione, Tribunale di Milano 4/01/2019, n. 25: “il solo deposito della domanda di mediazione o la sua comunicazione al convenuto da parte della società attrice, non avrebbero potuto spiegare l’effetto di impedire la decadenza dalla facoltà di esercitare la impugnativa della delibera condominiale nel termine di cui all’art.1137 c.c., perché dal combinato disposto degli artt.5, comma 6 e 8 del d.lgs. n. 28/2010 si evince che lo stesso si produce solo dal momento della comunicazione sia della domanda che della data del primo incontro di mediazione, fissata dall’organismo di conciliazione. Comunicazione che può avvenire sia a cura di quest’ultimo che della parte istante, con qualsiasi modalità idonea ad assicurarne la ricezione, ma, agli effetti in esame, solo dopo che il responsabile dell’organismo abbia nominato il mediatore e fissato la data del primo incontro davanti allo stesso”.

5) La forma di comunicazione degli atti introduttivi del procedimento di mediazione

Già si è rammentato il principio di libertà di forme applicabile al procedimento di mediazione in forza del disposto dell’art. art. 8, c. 1, DLgs 28/2010.

Così come per la nomina del mediatore, anche per la forma delle comunicazioni manca una espressa indicazione legislativa sul quomodo “ed è plausibile ritenere che le convocazioni non siano soggette ad alcuna formalità e possano avvenire attraverso qualsiasi mezzo di comunicazione (lettera, telefono, fax, posta elettronica anche non certificata)”. Tuttavia, prosegue il Tribunale di Palermo 20/9/2017 n.4870, a fronte della summenzionata libertà delle forme, “è verosimile che l’organismo utilizzi un mezzo in grado di fornire la data certa della ricezione da parte del convocato (posta certificata, raccomandata a/r o telefax) in quanto, secondo il disposto dell’art. 5, comma 6 del d.lgs. 20/2010, gli effetti sulla prescrizione e sulla decadenza si verificano proprio dal momento della comunicazione al convocato”.

In altri termini, il principio d’informalità che connota il procedimento di mediazione “va contemperato con l’esigenza che il mezzo di comunicazione utilizzato garantisca la ricezione da parte del destinatario. Si ritiene, pertanto, che gli strumenti utilizzabili siano il fax, la notificazione a norma degli artt. 137 ss. c.p.c., la posta elettronica certificata e la raccomandata con avviso di ricevimento” (Tribunale di Parma 22/5/2017, n. 726).

Le considerazioni che hanno ispirato le suddette pronunce sono le medesime che invitavano a prudenza di fronte alla previgente formulazione dell’art. 66, III co., disp. att. cod. civ. in tema di convocazione assembleare, prediligendo forme che consentissero di provare l’effettiva consegna al condomino e la relativa data.

Anche per il caso in cui la mediazione sia demandata dal giudice, occorrerà considerare che “il D.lgs. 28/2010 […] non prevede in alcuna sua parte la possibilità di notificare la domanda al procuratore costituito, essendo necessario che l’atto sia portato a conoscenza della parte” (Tribunale di Palermo 5/09/2019, n. 3903).

6) La scissione degli effetti della notificazione per notificante e destinatario

Si sono riportati i timori manifestati dalla sentenza del Tribunale di Brescia n. 648/2020 in ordine ai rischi che la notifica dell’istanza di mediazione al Condominio possa pervenire all’amministratore, magari non professionista e quindi sprovvisto di recapiti agevolmente rintracciabili e raggiungibili, in termini non utili all’interruzione del termine di cui all’art. 1137 c.c.

La preoccupazione appare, tuttavia, agevolmente superabile se si consideri quanto segue.

Si è ricordato che, secondo il tenore letterale dell’art. 5, c. 6, DLgs 28/2010 la domanda di mediazione impedisce la decadenza dal momento della comunicazione alle altre parti; ai sensi del successivo art. 8, c. 1, la comunicazione può avvenire “con ogni mezzo idoneo ad assicurarne la ricezione, anche a cura della parte istante”.

Poiché ai sensi dell’art. 5, c. 6, DLgs 28/2010 la domanda di mediazione, ai fini in esso previsti, produce gli effetti della domanda giudiziale, “si ritiene che sottostia alla relativa disciplina processuale, con conseguente applicabilità dell’art. 149 c.p.c. che, in tema di perfezionamento della notificazione a mezzo del servizio postale, ha dettato la regola”, a seguito dell’intervento della Corte costituzionale n. 477 del 2002, “della scissione degli effetti della notificazione per il notificante e per il destinatario” (ex multis, Tribunale Latina 28/3/2018, n. 841).

In termini analoghi, ad esempio, il Tribunale Roma con sentenza 3/8/2017, n. 15719 : “che tale principio trovi applicazione anche con riguardo alla comunicazione della domanda di mediazione, quale fatto impeditivo della decadenza, discende dal rilievo che esso ha ormai acquisito portata generale nonché dalla considerazione che, pur essendo la domanda di mediazione atto extra processuale, essa, in virtù delle disposizioni di legge in materia, costituisce condizione di procedibilità della domanda giudiziale ed incide sul termine di decadenza eventualmente stabilito dalla legge per la sua proposizione, che ha evidente natura processuale”. Merita osservare – prosegue il condivisibile ragionamento – che “l’estensione del suddetto principio nella fattispecie trova altresì conferma nel criterio del ragionevole bilanciamento dei diversi interessi, tenuto conto che a fronte dell’interesse del notificante a non vedersi imputare conseguenze negative per il mancato perfezionamento della fattispecie comunicativa per fatto di terzi non si ravvisa un apprezzabile pregiudizio a carico del destinatario della notifica (cfr. in motivazione Cass. S.U. n. 24822 del 2015 e n. 12322 del 2017), il quale si troverebbe nella medesima posizione nel caso in cui la parte, in luogo dell’istanza di mediazione, gli avesse notificato l’atto introduttivo del giudizio (possibilità che pure gli è concessa dalla legge, imponendo in tal caso al giudice di sospendere la trattazione della causa invitando la parte ad introdurre il procedimento di mediazione)”.

Sul punto, sempre il Tribunale capitolino (sentenza 13/12/2016, n.23147) aveva esplicitato che “nei confronti del soggetto onerato, la decadenza è impedita dalla consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario oppure all’agente postale (c.d. “scissione temporale” della notifica - Corte Cost., sent. n. 477 del 2002; Id., sent. n. 28 del 2004; Cass., Sez. L, sent. n. 14087 del 19.06.2006, Rv. 590925; Id., sent. n. 12890 del 09.06.2014, Rv. 631272; Sez. Un., sent. n. 8830 del 14.04.2010, Rv. 612377). Diversamente opinando, infatti, in costanza di un deposito tempestivo dell’istanza di mediazione, ridonderebbe a svantaggio dell’istante il decorso del termine di decadenza invece imputabile all’organismo di mediazione o all’attività compiuta dal soggetto incaricato della comunicazione”.

Si segnala, in termini, anche Tribunale di Velletri 7/4/2017, n. 1138 secondo cui “il momento della comunicazione alle altre parti” è da individuarsi “con il giorno dell’invio della comunicazione di invito stessa, in perfetta coerenza con i principi ricavabili dal noto arresto della Corte delle Leggi 23 gennaio 2004, n. 28, secondo il quale il tempo necessario al perfezionamento della notificazione o della comunicazione non può implicare alcuna decadenza in danno della parte che si sia attivata entro il termine (come invero imposto, dall’un lato, dagli argomenti spesi dalla stessa Corte Costituzione nella sentenza 2 febbraio 1990, n. 49, laddove riteneva non significativa la natura sostanziale del termine de quo ai fini dell’applicazione della sospensione dei termini processuali nel periodo feriale, e, in altra chiave di lettura, dall’art. 8 della direttiva 2008/52/CE, che, nel dare indicazioni circa gli effetti “della mediazione sui termini di prescrizione e decadenza”, espressamente raccomandava che “gli Stati membri provvedono affinché alle parti che scelgono la mediazione nel tentativo di dirimere una controversia non sia successivamente impedito di avviare un procedimento giudiziario o di arbitrato in relazione a tale controversia per il fatto che durante il procedimento di mediazione siano scaduti i termini di prescrizione o decadenza”)”.

7) La soluzione condivisibile e i dubbi di costituzionalità dell’art. 5, comma 6, del D.Lgs 28 del 2010

Le soluzioni che la giurisprudenza di merito ha offerto in relazione agli adempimenti necessari per ottenere gli effetti interruttivi del termine per impugnare ex art. 1137 c.c. sono, come visto, ancora molteplici.

Il dato normativo, tuttavia, non pare affatto equivoco tanto nel fare riferimento al momento (e all’incombente) della “comunicazione alle altre parti”, essendosi invece il legislatore riferito al momento del deposito quando ciò effettivamente intendeva (per es., all’art. 4, co.1, Dlgs 28/2010, al fine dell’individuazione dell’organismo competente in quanto preventivamente adito), quanto nell’individuare nella “domanda” l’oggetto – necessario e sufficiente ai fini de quibus – della stessa comunicazione.

Qualora il legislatore avesse inteso equiparare, anche ai fini degli effetti interruttivi e non solo a quelli della prevenzione, il deposito della domanda di mediazione a quelli del deposito del ricorso giurisdizionale, lo avrebbe espressamente previsto. E non pare lecito addossare all’istante un onere di comunicazione di un ulteriore atto se l’effetto interruttivo viene letteralmente riconnesso dal legislatore alla comunicazione della mera domanda.

E’ quindi indubbio che la soluzione recentemente prescelta dalla Corte d’Appello di Milano, n.253/2020 sia quella più aderente al dettato legislativo; la facoltà assegnata anche alla parte istante di procedere alla comunicazione della domanda e della data del primo incontro alla controparte – da un lato - e i principi in tema di scissione degli effetti della notificazione (e comunicazione) – dall’altro lato – salvano la norma da profili d’incostituzionalità.

Dubbi di costituzionalità, ad esempio, erano stati sollevati in ordine all’art. 5, comma 6, del D.Lgs 28 del 2010 nella vertenza decisa dal Tribunale di Roma con sentenza n. 13981/2019, cit., nella quale parte attrice aveva chiesto “di «rimettere gli atti alla Corte Costituzionale ai sensi degli artt. 3 e 24 della Costituzione sulla incostituzionalità dell’art. 5 comma 6 del D.Lgs. 28 del 2010 nella parte in cui, in violazione all’art. 2964 c.c., accomuna l’effetto ricettizio a prescrizione e decadenza, nonostante la diversità sostanziale essendo la interruzione della prescrizione relativa al diritto mentre la decadenza è relativa all’azione e il momento interruttivo è il deposito dell’atto, nella specie della istanza di mediazione». 

Il Tribunale, condivisibilmente, non ha ritenuto di rimettere gli atti al Giudice delle leggi, ritenendo che “tale disposizione non incorre in sospetto vizio di incostituzionalità nella parte in cui impedisce la decadenza della domanda giudiziale solo dal momento della sua comunicazione alle altre parti - e non quindi dal solo deposito dell’istanza di mediazione - è ciò proprio in ragione della funzione acceleratoria del termine in discussione che, imponendo la comunicazione della istanza di mediazione unitamente alla fissazione della data del primo incontro dinanzi al mediatore, risponde all’esigenza di garantire certezza dei tempi di definizione della procedura di mediazione ed evitare nel contempo che il tentativo di raggiungimento di un accordo amichevole tra le parti ridondi in danno della durata complessiva del processo e, dunque, un allungamento dei tempi di definizione del giudizio”. 

8) La sorte del termine ex art. 1137 c.c. nella normazione d’urgenza per l’epidemia di COVID-19

La decretazione d’urgenza volta al contenimento dell’emergenza epidemiologica da coronavirus, secondo la pressoché unanime interpretazione, ha impedito per ragioni di ordine igienico-sanitario la celebrazione di assemblee condominiali nel periodo di vigenza del divieto di assembramenti e di libera circolazione delle persone.

Il tema degli effetti di tali disposizioni sull’osservanza del termine ex art. 1137 cod.civ. ha, quindi, pratico rilievo per le assemblee celebratesi nei trenta giorni antecedenti il suddetto periodo e pertanto, con riferimento all’intero territorio nazionale e senza aver riguardo ai territori colpiti prima d’altri da provvedimenti restrittivi localizzati, al massimo trenta giorni prima del DPCM 8.3.2020.

I medesimi ragionamenti riguarderebbero anche le assemblee svoltesi ugualmente nel periodo di restrizioni tramite sistemi di videoconferenza, pur sotto vigenza delle prescrizioni formali codicistiche non rimosse dal D.L. 17 marzo 2020 n. 18 (“Nuove misure urgenti per contrastare l’emergenza epidemiologica da COVID-19 e contenerne gli effetti in materia di giustizia civile, penale, tributaria e militare”) che, all’art. 73, 4° co., ha esteso la facoltà di celebrazione a distanza delle adunanze alle sole associazioni, anche non riconosciute, ed alle fondazioni ma non anche al condominio. Paiono, invece, escluse dalla rilevanza dei seguenti ragionamenti le assemblee celebratesi medio tempore “fisicamente”, che risulterebbero radicalmente nulle ex art. 1418 c.c., per contrarietà a norma imperativa (SCARPA-CHIESI, Condominio e COVID-19, Il Sole 24 Ore), non sottostando quindi la relativa azione al rispetto del termine breve d’impugnazione.

Al fine di comprendere se la normazione d’urgenza abbia sospeso o meno il termine per impugnare le delibere condominiali, occorre muovere dalla considerazione che, per quanto in precedenza già analizzato, il termine previsto dal capoverso dell’art. 1137 cod. civ. può essere interrotto, alternativamente, promuovendo:

a) il procedimento di mediazione ex DL. 28/2010;

b) l’impugnazione giudiziale ex art. 1137 cod. civ. (attivando “parallelamente” il procedimento di mediazione ovvero confidando sul mancato rilievo, in corso di giudizio, dalla sua omissione1).

Gli effetti delle disposizioni emergenziali devono quindi essere indagati tenendo conto delle due possibili iniziative.

8A) L’azione giudiziale

Occorre distinguere due diverse fasi temporali.

La prima: dal 9 marzo 2020 al 15 aprile 2020

Come già ricordato, l’art. 83, co. 2°, D.L. 18/2020 ha disposto la sospensione dal 9 marzo 2020 al 15 aprile 2020 “dei termini per il compimento di qualsiasi atto dei procedimenti civili e penali”, intendendosi pertanto sospesi, per la stessa durata, i termini stabiliti “…. per la proposizione degli atti introduttivi del giudizio…. e, in genere, tutti i termini procedurali”, con differimento alla fine di detto periodo dei termini il cui decorso abbia avuto inizio durante il periodo di sospensione.

La disposizione non lascia dubbi sulla sospensione del termine per la proposizione “diretta”, cioè senza preventivo esperimento del procedimento di mediazione, dell’azione giudiziale ex art. 1137 c.c., avendo peraltro già rilevato come la stessa sia sottoposta al rispetto di un termine di natura sostanziale ma di rilevanza processuale, quindi sospeso.

Pertanto, la possibilità di proporre con citazione l’impugnazione di una delibera di condominio è da ritenersi sospesa, e così ovviamente il relativo termine decadenziale, sino al 15 aprile 2020. 

Potrebbe residuare unicamente la possibilità di proporre istanza ai sensi dell’art. 1137, 4° co, c.c. per ottenere la sospensione della delibera prima dell’inizio della causa di merito, in ipotesi rientrante tra quei “procedimenti la cui ritardata trattazione può produrre grave pregiudizio alle parti”, sottratti al differimento a fronte, però, di “dichiarazione di urgenza […] fatta dal capo dell’ufficio giudiziario o dal suo delegato in calce alla citazione o al ricorso, con decreto non impugnabile e, per le cause già iniziate, con provvedimento del giudice istruttore o del presidente del collegio, egualmente non impugnabile”, art. 83, co. 3, lett. a D.L. 18/2020).

La seconda: dal 16 aprile al 30 giugno

A far tempo dal 16 aprile 2020, cesserà la sospensione dei termini di proposizione degli atti introduttivi del giudizio e, conseguentemente, il termine per impugnare la delibera riprenderà a decorrere per i giorni non già maturati prima dell’inizio della sospensione.

Nel periodo temporale in esame, i capi degli uffici giudiziari potranno adottare le misure organizzative necessarie per consentire il rispetto delle misure di sicurezza igienico-sanitarie, quali: a) la limitazione dell’accesso del pubblico agli uffici giudiziari, garantendo comunque l’accesso alle persone che debbono svolgervi attività urgenti;  b) la limitazione dell’orario di apertura al pubblico degli uffici; c) la regolamentazione dell’accesso ai servizi, previa prenotazione, anche tramite mezzi di comunicazione telefonica o telematica, curando che la convocazione degli utenti sia scaglionata per orari fissi, nonché l’adozione di ogni misura ritenuta necessaria per evitare forme di assembramento; d) l’adozione di linee guida vincolanti per la fissazione e la trattazione delle udienze; […] f) la previsione dello svolgimento delle udienze civili che non richiedono la presenza di soggetti diversi dai difensori e dalle parti mediante collegamenti da remoto; […]  h) lo svolgimento delle udienze civili che non richiedono la presenza di soggetti diversi dai difensori delle parti mediante lo scambio e il deposito in telematico di note scritte.

E’ quindi teoricamente possibile, sebbene davvero improbabile (atteso che l’espletamento delle attività urgenti appare sempre garantito dalla norma e, comunque, visti gli strumenti del processo civile telematico) che alcuna di tale misure impedisca la tempestiva impugnazione della delibera condominiale mediante notifica e successiva iscrizione a ruolo della causa.

In tal caso, potrebbe soccorrere il comma 8° dell’art. 83 D.L. 18/2020, secondo il quale "per il periodo di efficacia dei provvedimenti di cui ai commi 5” (non d’interesse ai fini di questo punto della nostra analisi, in quanto riguardante la regolamentazione dei soli procedimenti non sospesi fino al 15 aprile 2020, tra i quali non rientra l’azione ex art. 1137 c.c.) “e 6 che precludano la presentazione della domanda giudiziale è sospesa la decorrenza dei termini di prescrizione e decadenza dei diritti che possono essere esercitati esclusivamente mediante il compimento delle attività precluse dai provvedimenti medesimi".

Ciò salvo considerare che il termine per l’impugnazione della delibera può essere alternativamente interrotto mediante l’introduzione del procedimento di mediazione, che pure costituisce forma di esercizio del diritto – per quanto qui interessi – di ottenere l’annullamento di deliberazioni contrarie a legge o a regolamento.

8B) Il procedimento di mediazione

Il comma 20° dell’art. 83 in esame prevede che "per il periodo di cui al  comma 1”, cioè dal 9 marzo 2020 al 15 aprile 2020, “sono altresì sospesi i termini per lo svolgimento di qualunque attività nei procedimenti di mediazione ai sensi del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, nei procedimenti di negoziazione assistita ai sensi del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 132, convertito, con modificazioni, dalla legge 10 novembre 2014, n. 162, nonché in tutti i procedimenti di risoluzione stragiudiziale delle  controversie  regolati  dalle  disposizioni vigenti, quando i predetti procedimenti siano stati promossi entro il 9 marzo 2020 e  quando costituiscono condizione di procedibilità della domanda giudiziale. Sono conseguentemente sospesi i termini di durata massima dei medesimi procedimenti".

La disposizione sembrerebbe riguardare tutti i procedimenti di mediazione prodromici all’impugnazione di delibere condominiali, e non solo quelli proposti entro il 9 marzo 2020, in quanto sempre costituenti condizione di procedibilità della domanda di impugnazione, i cui termini sarebbero, quindi, sospesi sempre sino al 15 aprile 2020.

Tuttavia, il tenore letterale della disposizione potrebbe indurre a ritenere, prudenzialmente, che la sospensione riguarderebbe i soli termini endo-procedimentali, cioè relativi alle attività da compiersi nell’ambito di procedimenti di mediazione già pendenti (e ciò in ragione della preposizione “nei procedimenti di mediazione…”) e non anche al termine per l’introduzione – con le forme già esaminate – di nuovi procedimenti.

Del resto, l’avvio del procedimento di mediazione può avvenire – salvo divieto contenuto nel regolamento del singolo organismo – anche per via telematica; e con le medesime forme telematiche, ovvero comunque tramite il servizio postale non sospeso dalla decretazione d’emergenza, l’istante o l’organismo ben possono provvedere a darne comunicazione alla parte chiamata nel procedimento senza violare i precetti di tutela della salute che informano la decretazione d’urgenza.

Così ragionando, si giungerebbe a ritenere che la possibilità ed il termine per proporre nuove domande di mediazione non sarebbero sospesi per effetto del decreto in esame.

8C) Considerazioni finali

Se anche, per quanto appena visto, il termine per introdurre il procedimento di mediazione non risultasse “direttamente” sospeso dall’art. 20 del D.L. 18/2020, il diritto all’impugnazione tempestiva della delibera condominiale sarebbe, comunque, fatto salvo sino al 15 aprile 2020, per effetto della sospensione sino a tale data del termine per proporre la relativa azione giudiziale.

Con la naturale conseguenza che, sin tanto che il termine ex art. 1137 cod.civ. non sia definitivamente spirato, potrebbe ancora esperirsi anche il procedimento di mediazione e non solo l’impugnazione giudiziale.

Doveroso evidenziare che le risposte fornite meritano approfondimenti che è utile riservare alla disamina della legge di conversione e, quindi, del testo normativo definitivo.

 

 


1) In relazione alla mediazione disposta dal giudice nel corso del procedimento, si segnala una recente e, per ora, isolata soluzione. Il Tribunale di Milano con sentenza n. 1822 del 26 febbraio 2020 ha ritenuto che referente dell'intera tematica sia il termine di tre mesi entro il quale la mediazione deve essere completata.

Partendo da tale presupposti,  la recentissima sentenza afferma che  “la ratio legis della previsione del termine di quindici giorni risponde alla esigenza di garantire certezza dei tempi di definizione della procedura di mediazione, affinché la parentesi extraprocessuale, che si apre con l'emissione della ordinanza di rimessione delle parti in mediazione, possa chiudersi entro la data di rinvio del processo ed in tempo utile ad evitare che il tentativo di raggiungimento di un accordo amichevole tra le parti ridondi in danno della durata complessiva del processo, provocando uno slittamento ulteriore della udienza di rinvio e, dunque, un allungamento dei tempi di definizione del giudizio”. 

La premessa dovrebbe condurre alla seguente conseguenza: “Da quanto finora detto deriva che la parte istante può ben decidere di avanzare la domanda di mediazione delegata oltre il termine ordinatorio assegnato dal giudice, senza - per ciò solo - incorrere nella declaratoria di improcedibilità della domanda giudiziale. Tuttavia, la parte che ritarda l'attivazione della procedura si accolla il rischio che il procedimento non riesca a concludersi nel termine massimo di tre mesi, che inizia comunque a decorrere, indipendentemente dalla iniziativa dell'interessato, dalla scadenza del termine assegnato dal giudice”. Insomma, se la mediazione comunque si conclude in novanta giorni, sarebbe soddisfatta non soltanto la asserita ratio legis ma anche il termine di procedibilità. Risulta che la sentenza sia stata impugnata e, quindi, si attende la decisione della Corte d'Appello.

 

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