Vicenda processuale
Nella vertenza in oggetto sia il Tribunale sia la Corte d’Appello hanno ritenuto legittimo il licenziamento per giusta causa intimato da una società per avere la lavoratrice ripetutamente indicato orari di trasferta difformi da quelli effettivi, fruendo così del più favorevole trattamento economico, nonché per avere acquistato direttamente, in violazione delle disposizioni aziendali, i biglietti relativi a trasferte.
In particolare, la Corte territoriale, esclusa la tardività della contestazione, in quanto, anche volendo trascurare i fatti più risalenti, restavano legittimamente addebitati quelli più prossimi al licenziamento, ha osservato che la condotta truffaldina contestata integrasse gli estremi del delitto di truffa (art. 640 c.p.), avendo la lavoratrice indicato falsi orari di inizio della trasferta e consapevolmente compilato i moduli destinati al pagamento delle relative indennità, Ha inoltre osservato come il provato comportamento posto in essere non consentisse, per la sua gravità e reiterazione, di ritenere applicabile una sanzione conservativa, dato anche che l’acquisto diretto dei biglietti ferroviari risultava in contrasto con specifiche direttive interne, senza che tale condotta potesse ritenersi giustificabile, alla stregua delle regole di politica aziendale in materia e dello svolgersi dei fatti.
Nel conseguente ricorso per Cassazione la lavoratrice deduce violazione dell’art. 640 c.p. per avere la sentenza impugnata – a suo dire - erroneamente ritenuto consumato il delitto di truffa, pur in difetto di artifici e raggiri richiesti dalla norma.
Con altro motivo deduce violazione dell’art. 18, comma 4, legge 20 maggio 1970, n. 300 e degli artt. 9 e 10 del CCNL del 2012 per i dipendenti dell’industria metalmeccanica privata per avere la sentenza impugnata erroneamente escluso che i fatti contestati fossero punibili con sanzione conservativa confermando invece la più grave sanzione espulsiva.
Con un terzo viene dedotta violazione di legge (artt. ...