L’assemblea nel codice civile
Il dato normativo da analizzare è l’ultimo comma dell’art. 1136 c.c. che così recita: “…delle riunioni dell'assemblea si redige processo verbale da trascrivere nel registro tenuto dall'amministratore…”.
La riforma del condominio L. 220/12 ha modificato il testo normativo nel senso che oggi la verbalizzazione deve avere per oggetto le riunioni e non deve riguardare più le deliberazioni (in passato ante riforma: delle deliberazioni dell’assemblea si redige processo verbale), quindi si è superato il precedente orientamento giurisprudenziale secondo il quale (avendo il verbale la sola funzione di documentare la valida costituzione dell’assemblea, la formazione ed il contenuto della volontà condominiale) non sussisteva alcun obbligo normativo (e di conseguenza non sussisteva alcun diritto dei condomini) di vedere riprodotta nel verbale ogni osservazione, richiesta o dichiarazione dei singoli condomini che esulasse dai contenuti deliberativi.
Pertanto, ora è necessario/obbligatorio redigere il processo verbale di ciò che accade nella riunione, documento che per analogia può essere equiparato al verbale dell’udienza del processo civile di cui agli artt. 126 e 130 c.p.c.
Preliminarmente ci si deve porre l’interrogativo sulla natura giuridica del verbale e, stante il nuovo dato normativo sopra indicato (forma scritta del verbale), ci si chiede se la forma scritta sia obbligatoria ad substantiam o ad probationem, senza dimenticare che, in ogni caso, il verbale fornisce una prova presuntiva dei fatti che afferma essersi in essa verificati, con inversione dell’onere della prova in capo a colui che contesta il contenuto dello stesso.
Tale prova, ai sensi dell’art. 2727 c.c. e seguenti, può essere fornita con ogni mezzo e quindi “…spetta al condomino il quale impugna la deliberazione assembleare, contestando la rispondenza a verità di quanto riferito nel relativo verbale, di provare il suo ...