Vicenda processuale
Con l’articolata sentenza n. 31137/2019, la Sezione lavoro della Cassazione è intervenuta su un argomento che spesso crea criticità interpretative, ossia quello della fruizione dei buoni pasto in favore delle dipendenti che fruiscono del permesso giornaliero di allattamento, laddove la computabilità dello stesso venga considerata nel limite complessivo delle 6 ore giornaliere, limite temporale al quale è correlata la fruizione dei predetti “buoni”.
La decisione in esame, che tratta una questione specifica relativa al settore pubblico, riguardava una dipendente dell’Agenzia delle Dogane che aveva chiesto il pagamento dei buoni pasto per i giorni nei quali, fruendo dell’allattamento, non aveva prestato attività finalizzata al raggiungimento della soglia minima delle 6 ore, per la nascita dei propri figli (dal 2004 al 2010).
Nel giudizio conseguente al diniego datoriale, il Tribunale aveva integralmente accolto il ricorso proposto dalla lavoratrice e da altri litisconsorti, dipendenti dell’Agenzia delle Dogane che chiedevano, durante i periodi di astensione dal lavoro successivi alla nascita dei figli, il riconoscimento dei rispettivi permessi di allattamento, dei periodi di astensione obbligatoria per maternità e/o dei congedi parentali ai fini dell'attribuzione del diritto ai buoni pasto, all'indennità di produttività d'ufficio, all'indennità di obiettivo istituzionale, al cumulo dei periodi di riposo per allattamento con i permessi retribuiti e con i periodi di utilizzo della c.d. banca ore.
La Corte d’Appello ha respinto l'appello dell'Agenzia delle Dogane che ha equiparato le ore di permesso per allattamento alle ore di effettiva presenza in ufficio con riferimento a tutte le pretese azionate dai ricorrenti, tra cui il diritto ai buoni pasto. I giudici di merito hanno, in particolare, valorizzato l’art. 39, comma 2, del D.Lgs. 26 marzo 2001, n. 151 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della ...