Il fatto
Una signora, comproprietaria di un immobile insieme ad altre cinque persone, il di lei marito e due coppie di coniugi, conveniva dinanzi al Tribunale di Bergamo una società perché venisse accertata l’occupazione sine titulo da parte della stessa di tale immobile, con condanna al suo rilascio e al risarcimento dei danni, e in subordine al pagamento della quota di canone dovuta.
Innanzi al Tribunale di primo grado si costituiva la convenuta, evidenziando di aver stipulato con l’attrice regolare contratto di locazione dell’immobile in oggetto. L’attrice chiedeva ed otteneva l’autorizzazione a chiamare in causa due dei signori comproprietari dell’immobile e titolari di quote della società convenuta, i quali a loro volta chiedevano e ottenevano la chiamata in giudizio del marito dell’attrice, anche lui comproprietario dell’immobile, per la manleva che sarebbe stata stabilita al momento della cessione delle quote societarie dallo stesso ai due chiamati in causa. Il Tribunale adito dichiarava cessata la materia del contendere relativamente alla domanda di condanna al rilascio dell’immobile e l’inefficacia del contratto di locazione, rigettando ogni altra domanda e condannando solidalmente l’attrice e il di lei marito costituitosi alla rifusione delle spese delle controparti. Nel dichiarare l’inefficacia del contratto ex art. 1108, comma 3, c.c., stipulato per una durata di dieci anni senza il consenso di tutti i comproprietari, il Tribunale ravvisava invece la sussistenza di un comodato.
La signora e il marito, condannati in primo grado, proponevano appello innanzi alla Corte di Appello di Brescia la quale disponeva, in parziale riforma della sentenza del giudice di prime cure, la condanna della società a pagare in favore di ognuno dei due appellanti una certa somma, nonché la condanna dell’appellante marito a manlevare i due appellati, ulteriori alla società, da quanto versato per il ...