Tale regola si deve ritenere operativa anche se le parti avevano avviato un procedimento giudiziario, se la riduzione dell’importo risulta effettivamente definita con un accordo transattivo privato.
È questo il parere dell’Agenzia delle entrate esplicitano con la risposta n. 387/E del 20 settembre 2019 a uno specifico interpello riguardante delle forniture da utilizzare presso un cliente, per le quali sono state emesse fatture e la relativa Iva è stata portata in detrazione. Il cliente, però, aveva riscontrato dei vizi sui beni e, di conseguenza, l’acquirente non ha provveduto al pagamento delle fatture.
La diatriba, tuttavia, si è estinta a seguito della proposta di conciliazione formulata dal cliente, conclusasi con un contratto di transazione che stabiliva la riduzione del prezzo e l’emissione della nota di credito a parziale storno delle fatture emesse.
A questo punto, sorge il dubbio se sussiste o meno la possibilità di operare la variazione dell’imponibile originariamente pattuito dal momento che è scaduto il termine di un anno previsto dal comma 3 dell’art. 26 del decreto Iva che consente tale operazione?
Al riguardo, l’Agenzia delle entrate, dopo aver puntualizzato che:
- l’art. 1965 del codice civile stabilisce che “la transazione è il contratto con il quale le parti, facendosi reciproche concessioni, pongono fine a una lite già incominciata o prevengono una lite che può sorgere tra loro. Con le reciproche concessioni, si possono creare, modificare o estinguere anche rapporti diversi da quello che ha formato oggetto della pretesa e della contestazione delle parti”;
- gli effetti della transazione possono essere di natura dichiarativa o innovativa, tenendo in considerazione che la sentenza della Corte di Cassazione, sezione 3 civile, del 27 giugno 2018, n. 16905 ha chiarito che è possibile distinguere, con riferimento ...