Il contratto di lavoro intermittente (detto anche lavoro “a chiamata” o “job on call”) è un contratto di lavoro subordinato con il quale il lavoratore si mette a disposizione del datore di lavoro per l’esecuzione di attività a carattere discontinuo o intermittente.
Il datore di lavoro si rivolge quindi al lavoratore soltanto nei momenti in cui ha la necessità che questa attività venga svolta.
Le origini di questa tipologia di lavoro risalgono all’emanazione del D.Lgs. n. 276/2003 che ha, tra l’altro, introdotto il “lavoro a chiamata”, con il riconoscimento di una indennità di disponibilità, demandando ai CCNL l’onere di individuare quelle mansioni discontinue cui applicare la nuova forma atipica di lavoro.
Tale nuovo istituto sarebbe dovuto comunque essere accessibile ai lavoratori con difficoltà di inserimento nel mercato del lavoro, o per la loro mancanza di esperienza professionale (under 25), o per il loro status di uscita dal ciclo produttivo aziendale (over 45 anni di età).
La norma attuale
Da ultimo, con il D.Lgs. n. 81/2015, viene confermato sostanzialmente l’impianto iniziale, stabilendo che il contratto può essere sia a tempo indeterminato che a tempo determinato.
Da ciò ne consegue che il contratto di lavoro intermittente può essere concluso per lo svolgimento di prestazioni con carattere discontinuo, secondo le esigenze individuate dai contratti collettivi oppure per periodi predeterminati nell’arco della settimana, del mese o dell’anno.
Data la notevole flessibilità, è un particolare contratto di lavoro subordinato, molto richiesto soprattutto nel settore turistico e della ristorazione, mediante il quale un lavoratore si pone a disposizione di un datore di lavoro, che ne può utilizzare la prestazione “all’occorrenza”, secondo le proprie esigenze, nel rispetto di un termine minimo di preavviso (non inferiore ad un giorno lavorativo).