La lettura dell’elenco considera attività che comprendono attività tipiche dell’area sociale e ambientale, da interpretare spesso in una logica di integrazione, ma anche di correzione, di attività svolte da organizzazioni profit, che nel perseguimento di obiettivi talvolta meramente economici pongono a carico delle collettività elevanti diseconomia esterne.
Sebbene la consapevolezza crescente che il fine delle imprese, dopo le esperienze fallimentari derivanti dalla grave crisi che dal 2008 ha colpito le economie, non sia solo la “creazione di valore per gli azionisti”1 , ma piuttosto “ la creazione di valore condiviso” , ovvero la creazione di un valore non solo economico, ma anche sociale e rispettoso dei diritti degli altri interlocutori delle aziende, come l’ambiente e la collettività, tuttavia restano ambiti notevoli dove emerge la necessità di organizzazioni che creino quella rete di attività tese a migliorare il livello di benessere di una comunità, attività che lo Stato non riesce a svolgere in prima persona e che quindi possono essere demandate a istituzioni private.
Un tipico esempio sono le fondazioni di impresa, con l’obiettivo di migliorare il livello della qualità della vita del territorio nel quale sono inserite, “ridando all’ambiente parte di quelle risorse che esse hanno prelevato dall’ambiente circostante” .
Il ruolo delle organizzazioni non profit appare di rilevante interesse per il loro possibile coinvolgimento nell’implementazioni di attività coerenti con il perseguimento gli Sustainable Development Goals (SDGs) dell’agenda 2030 dell’ONU, lanciata nel 2015 a Parigi, obiettivi non solo limitati a contrastare il cambiamento climatico, ma anche a migliorare la qualità della vita sul pianeta su temi come la fame, l’istruzione, la salute, l’eliminazione della povertà e delle diseguaglianze.
Il tema è di particolare interesse perché sempre più organizzazioni non profit allineano le loro azioni anche per cooperare a ottenere gli ...