L’articolo 2257 c.c., come recentemente modificato dal nuovo Codice della crisi d’impresa (D.Lgs 12 gennaio 2019 n. 14 pubblicato sulla G.U. il 14 febbraio 2019), entrato in vigore nel marzo 2019 che vi ha introdotto il secondo comma, disciplina le modalità attraverso cui opera la gestione disgiuntiva nell’ambito delle società.
Tale previsione si ripercuote sulla gestione operativa delle imprese, con particolare riferimento alle società di persone ponendo peraltro rilevanti dubbi interpretativi, in quanto potrebbe risultare in contrasto con alcune norme in materia di società personali, quali il medesimo art. 2257 c.c., nella parte in cui prevede che in caso di amministrazione disgiunta, ciascun socio amministratore ha il diritto di opporsi all’operazione che un altro voglia compiere, prevedendo che su tale opposizione decide «la maggioranza dei soci, determinata secondo la parte attribuita a ciascun socio negli utili», e l’art. 2320, comma 2, c.c., che ammette la previsione statutaria con cui si può assegnare agli accomandanti la facoltà di dare autorizzazioni e pareri per determinate operazioni.
La nuova formulazione dell’art. 2257 c.c., prevedendo l’affidamento in esclusiva della competenza gestoria in capo agli amministratori, deve essere comunque letta in stretta correlazione con il dovere di rispettare il disposto di cui all’art. 2086 c.c. che, del resto, viene espressamente richiamato nel nuovo enunciato della norma.
Dubbi interpretativi posti dal nuovo art. 2257 c.c. nelle società di capitali
I dubbi interpretativi che la novella pone rispetto alle norme esistenti riguardo le società di capitali, in base a quanto argomentato nel recente studio nel notariato n. 110/2019, possono essere valicati separando gli aspetti organizzativi della amministrazione (già chiari nella necessità di predisporre assetti adeguati ai sensi del d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231 ed oggi ancor più esaltati dall'obbligo di organizzare l'impresa ...