Il percorso giurisprudenziale e normativo di questi ultimi anni ha portato ad una chiara applicazione dell’attuale disciplina del patto di conglobamento, considerata dalla maggior parte dei datori di lavoro domestico utile per la gestione ordinaria delle proprie finanze domestiche. Ma non solo. Nel settore in questione sta divenendo oramai prassi per le famiglie gestire la retribuzione mensile del lavoratore con l’osservanza delle condizioni formali e sostanziali del patto di conglobamento, senza però sapere di applicarlo.
Da una recente ricerca di DOMINA, Associazione Nazionale Famiglie Datori di Lavoro Domestico, in collaborazione con la Fondazione Leone Moressa, si è arrivati a calcolare che il lavoro domestico a livello nazionale, regolare e irregolare, raggiunge una ricchezza pari a 19 miliardi di valore aggiunto, e che nel 2017 le famiglie italiane hanno speso circa 6,9 miliardi di euro per la retribuzione dei lavoratori domestici, comprensivi di stipendio, contributi, TFR, insomma, tutti gli istituti contrattuali. Ciò significa che, mediamente, ogni lavoratore domestico ha percepito circa 6.500 euro annui netti, variabili a seconda delle ore lavorate e del tipo di servizio.
Le cifre rilevate sono decisamente importanti, ma soprattutto svelano l’enorme difficoltà della famiglia datore di lavoro domestico a pagare in maniera differita tutte le somme, dal momento che le risorse economiche utilizzate provengono dai risparmi e non da un’attività lucrativa. Tale difficoltà a volte si riversa sul lavoratore a conclusione del rapporto di lavoro, poiché potrebbe non vedersi riconosciute tutte le indennità per carenza di fondi.
L’Istituto del patto di conglobamento
È valido anche nel lavoro domestico il pagamento periodico dei ratei degli istituti diversi dalla retribuzione ordinaria? La risposta è positiva, ma necessita tuttavia di una serie di doverosi chiarimenti. Vediamo di cosa tratta l’istituto.
Il patto di conglobamento è l’accordo tra ...