Il Rinascimento italiano è un periodo storico fondamentale non solo per l’arte e il pensiero filosofico, che pone l’uomo al centro dell’Universo, ma anche per la compiuta elaborazione della partita doppia contabile, da parte del matematico francescano Luca Pacioli, di Borgo San Sepolcro e grande amico di Leonardo da Vinci, nel libro “Summa de arihtmetica, geometria, proportioni et proportionalità” (Venezia, 1494). In un’epoca che vedeva la coesistenza di diverse valute e di differenti sistemi di misura, è stato fondamentale individuare un sistema di dare ed avere, nelle appostazioni contabili, in modo che le stesse pareggiassero, al fin di evitare ammanchi.
L’opinione comune ritiene che l’elemento oggettivo del reato di appropriazione indebita condominiale consista soltanto nella condotta dell’amministratore che, al fine di trarne un ingiusto profitto, si appropri della cassa e/o dei documenti del condominio amministrato. Invece l’esame della giurisprudenza permette di accertare che anche la violazione del principio della partita doppia, della contabilità dei singoli condomini, comporti la realizzazione del reato previsto dall’art. 646 c.p. La Corte di Cassazione (Ord. n. 18699/2019) ha dichiarato inammissibile il ricorso (con la condanna al pagamento di euro tremila alla cassa delle ammende) di un amministratore avverso una sentenza di condanna per il reato di appropriazione indebita. In particolare, l’amministratore affermava che il predetto reato si avvera soltanto laddove il soggetto che ha disponibilità della cosa se ne impossessi, mentre, nella sentenza ricorsa, dal tenore delle testimonianze, tale fatto non si sarebbe verificato. Invero il ricorrente affermava di non avere preso i soldi dalla casa condominiale per sé, ma soltanto per effettuare i pagamenti in favore di altri condomini, da lui amministrati, e che tale condotta non costitutiva un’illecita interversione del possesso delle rispettive casse. La Corte sosteneva l’inammissibilità del ricorso, poiché riproponeva l’esame di argomenti ...