Nel lavoro domestico, come per alcune discipline giuslavoristiche, il legislatore nazionale, nel recepire con il D.Lgs. n. 66/2003 la Dir. UE n. 104/93/CE del 23 dicembre 1993, successivamente sostituita dalla Dir. UE n. 2000/34/CE del 22 giugno 2000, ha provveduto a riformare l’intera disciplina concernente gli aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro. Il settore, nello specifico, nel rispetto dei principi generali della protezione, della sicurezza e della salute dei lavoratori, ha goduto del rinvio normativo ai sensi dell’art. 17 di detto Decreto ossia, le disposizioni riguardanti l’orario settimanale, la durata massima dell’orario di lavoro, il lavoro straordinario, il riposo giornaliero, le pause, e l’organizzazione e la durata del lavoro notturno, sono state demandate alla disciplina interna della contrattazione collettiva.
Il diritto al riposo
Tra gli istituti trattati, troviamo anche il riposo giornaliero del lavoratore domestico, oggetto di tanta discussione giornalistica e giurisprudenziale nell’ultimo periodo a seguito della pronuncia della Corte di Cassazione – Sezione lavoro, Sent. 3 gennaio 2018, n. 24, nella quale si arriva alla conclusione che il lavoratore ha diritto ad 11 ore di riposo giornaliero consecutivo.
Il riposo giornaliero è da sempre disciplinato all’art. 15, comma 4, del CCNL del Lavoro domestico firmato da DOMINA - Fidaldo - Filcams CGIL - Fisascat CISL - UilTucs - Federcolf, nel quale si statuisce: “Il lavoratore convivente ha diritto ad un riposo di almeno 11 ore consecutive nell’arco della stessa giornata e, qualora il suo orario giornaliero non sia interamente collocato tra le ore 6.00 e le ore 14.00, oppure tra le ore 14.00 e le ore 22.00, ad un riposo intermedio non retribuito, normalmente nelle ore pomeridiane, non inferiore alle 2 ore giornaliere di effettivo riposo. Durante tale riposo il lavoratore potrà uscire ...