Il Giudice per le Indagini Preliminari presso il Tribunale di Aosta in data 2 maggio 2018 sottoponeva a sequestro preventivo i conti correnti ed un immobile intestati ad un amministratore condominiale, fino all’importo di euro 755.063,00.
L’amministratore in questione aveva prelevato somme dai conti correnti dei condominii amministrati, per farle confluire su conti propri. La Guardia di Finanza aveva rilevato che i prelievi dai conti correnti condominiali e i corrispondenti accrediti nei conti correnti dell’amministratore non erano confluiti nella contabilità di questo ultimo, così dovendo ritenersi – in assenza di diversa giustificazione o causale – redditi sottratti a tassazione. L’amministratore, pur ammettendo l’appropriazione indebita, negava l’evasione fiscale, adducendo di avere impiegato le somme in parola non solo per sé ma anche e soprattutto per coprire ammanchi in conti correnti di altri condominii, come dimostravano le movimentazioni in accredito ed in addebito sui conti correnti dello studio. Protestava la illegittimità del sequestro prima davanti al Tribunale del Riesame di Aosta e poi alla Corte di Cassazione, che decideva con la Sent. n. 53656 del 29 novembre 2018.
Giova precisare per l’inquadramento della prospettiva qui trattata:
- che si discute della legittimità del decreto di sequestro preventivo, emesso a norma dell’art. 321, comma 2, c.p.p. perché funzionale alla confisca per equivalente ai sensi dell’art. 12-bis, D.Lgs. n. 74 del 2000, ovvero funzionale alla confisca del profitto di un reato di evasione fiscale;
- l’art. 5, D.Lgs. n. 74 del 2000 punisce con la reclusione da un anno e sei mesi a quattro anni chiunque al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, non presenta, essendovi obbligato, una delle dichiarazioni relative a dette imposte, quando l’imposta evasa è ...