L’obbligo di fedeltà
Come sappiamo, la prestazione di lavoro è strettamente personale e, nell’adempimento di tale obbligazione, sul lavoratore dipendente gravano gli obblighi di diligenza (art. 2104, comma 1, c.c.), obbedienza (art. 2104, comma 2, c.c.) e fedeltà.
Quest’ultimo, descritto dall’art. 2105 c.c., vieta al prestatore di lavoro di “trattare affari, per conto proprio o di terzi, in concorrenza con l’imprenditore, nonché di divulgare notizie attinenti all’organizzazione e ai metodi di produzione dell’impresa, o frane uso in modo da poter recare ad essa pregiudizio”.
Peraltro, l’obbligo di fedeltà a carico del lavoratore subordinato deve integrarsi con gli artt. 1175 e 1375 c.c., che impongono correttezza e buona fede anche nei comportamenti extra lavorativi, tali da non danneggiare il datore di lavoro.
La Sent. n. 144 emessa dalla Cassazione civile, sezione lavoro, in data 9 gennaio 2015 ha confermato il licenziamento del lavoratore che aveva svolto attività sportiva pericolosa non compatibile con le sue condizioni fisiche, atteso che tale condotta doveva ritenersi contraria ai doveri di buona fede e correttezza proprio perché in ragione delle sue condizioni di salute, il datore di lavoro lo aveva assegnato a mansioni ridotte e diverse da quelle precedentemente svolte, sopportando un inevitabile danno dal punto di vista dell’efficienza produttiva ed organizzativa.
Tale orientamento è stato confermato con la Sent. n. 8131 del 29 marzo 2017 della sezione lavoro della Corte di Cassazione che ha riaffermato, in particolare, il divieto di condotte che siano in contrasto con i doveri connessi all’inserimento del lavoratore nell’organizzazione dell’impresa o che creino situazioni di conflitto con le finalità e gli interessi dell’impresa o che siano comunque idonee a ledere in modo irreparabile il vincolo fiduciario.
Al riguardo, ...