Introduzione
In relazione all’argomento trattato, si premette che l’art. 108, di disciplina delle spese relative a più esercizi, del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, stabilisce al comma 2 che le spese di rappresentanza sono deducibili nel periodo di imposta di sostenimento se rispondono ai requisiti di inerenza stabiliti con decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze, anche in funzione della natura e della destinazione delle stesse.
In attuazione della disposizione in oggetto, il D.M. 19 novembre 2008, in merito alla deducibilità delle spese di rappresentanza dal reddito d'impresa, ha individuato:
- specifici criteri di inerenza;
- criteri di congruità, attraverso la fissazione di un limite quantitativo di deducibilità, legato all'ammontare dei "ricavi" conseguiti dall'impresa;
- alcune tipologie di spese da escludere dal novero delle spese di rappresentanza e, quindi, integralmente deducibili.
In particolare, l’art. 1 stabilisce i requisiti necessari affinché una spesa di rappresentanza possa essere considerata inerente e quindi deducibile dal reddito d’impresa. Deve trattarsi di spese che siano sostenute:
- per l’erogazione gratuita di beni e servizi: la Circolare 13 luglio 2009, n. 34/E, ha precisato che il carattere essenziale delle spese di rappresentanza è costituito dalla mancanza di un corrispettivo o di una specifica controprestazione da parte dei destinatari dei beni e servizi erogati. È proprio l’elemento della gratuità la caratteristica che distingue le spese di rappresentanza rispetto a quelle di pubblicità, il cui sostenimento è frutto di un contratto a prestazioni corrispettive, la cui causa va ricercata nell’obbligo della controparte di pubblicizzare/propagandare, a fronte della percezione di un corrispettivo, il marchio o il prodotto dell’impresa al fine di stimolarne la domanda;
- con “finalità promozionali”, quindi dirette alla divulgazione sul mercato dell’attività svolta dei beni e servizi prodotti, a beneficio sia degli attuali clienti, che di quelli potenziali, o di “pubbliche relazioni” che diffondano e/o consolidino l’immagine dell’impresa, ne accrescano l’apprezzamento presso il pubblico, senza una diretta correlazione con i ricavi. Possono essere qualificate come spese di rappresentanza non solo le erogazioni gratuite a favore di clienti, ma anche quelle a favore di altri soggetti con i quali l’impresa ha un interesse a intrattenere pubbliche relazioni, come ad esempio i rappresentanti delle amministrazioni statali, degli enti locali, o con organizzazioni private quali le associazioni di categoria, sindacali;
- con criteri di ragionevolezza in funzione dell’obiettivo di generare anche potenzialmente benefici economici per l’impresa ovvero in coerenza con le pratiche commerciali di settore: una spesa di rappresentanza deve, quindi, risultare ragionevole, in quanto idonea a generare ricavi e adeguata rispetto all’obiettivo atteso in termini di ritorno economico, oppure, in alternativa, deve essere coerente con le pratiche commerciali di settore.
Definiti, quindi, i requisiti che un costo deve avere per essere qualificato come “spesa di rappresentanza”, il secondo periodo dell’art. 1 del D.M. del 2008 precisa che costituiscono spese di rappresentanza:
- le spese per viaggi turistici in occasione dei quali siano programmate e in concreto svolte significative attività promozionali dei beni o dei servizi la cui produzione o il cui scambio costituisce oggetto dell’attività caratteristica dell’impresa;
- le spese per feste, ricevimenti e altri eventi di intrattenimento organizzati in occasione di:
- ricorrenze aziendali o di festività nazionali o religiose;
- dell’inaugurazione di nuove sedi, uffici o stabilimenti dell’impresa;
- mostre, fiere, ed eventi simili in cui sono esposti i beni e i servizi prodotti dall’impresa;
- ogni altra spesa per beni e servizi distribuiti o erogati gratuitamente, ivi inclusi i contributi erogati gratuitamente per convegni, seminari e manifestazioni simili il cui sostenimento risponda a criteri di inerenza.
Non costituiscono invece spese di rappresentanza le spese di viaggio, vitto alloggio sostenute:
- per ospitare clienti, anche potenziali, in occasione di:
- mostre, fiere, esposizioni ed eventi simili in cui sono esposti i beni e i servizi prodotti dall’impresa;
- visite a sedi, stabilimenti o unità produttive dell’impresa;
- per ospitare clienti, anche potenziali, nell’ambito di iniziative finalizzate alla promozione di specifiche manifestazioni espositive o altri eventi simili da parte di imprese la cui attività caratteristica consiste nell’organizzazione di manifestazioni fieristiche e altri eventi simili;
- direttamente dall’imprenditore individuale in occasione di trasferte effettuate per la partecipazione a mostre, fiere, ed eventi simili in cui sono esposti beni e servizi prodotti dall’impresa o attinenti all’attività caratteristica della stessa.
Il secondo periodo dell’art. 108, comma 2, del TUIR prevede poi che la deducibilità delle spese di rappresentanza sia commisurata all’ammontare dei ricavi e proventi della gestione caratteristica dell’impresa risultanti dalla dichiarazione dei redditi relativa allo stesso periodo in misura pari:
1. all’1,5% dei ricavi e altri proventi fino a euro 10 milioni;
2. allo 0,6% dei ricavi e altri proventi per la parte eccedente euro 10 milioni e fino a 50 milioni;
3. allo 0,4% dei ricavi e altri proventi per la parte eccedente euro 50 milioni.
Sono comunque deducibili le spese relative a beni distribuiti gratuitamente di valore unitario non superiore a euro 50.
Da ultimo, ai fini IVA, l’art. 19-bis.1, comma 1, lett. h), del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, prevede l’indetraibilità oggettiva delle spese di rappresentanza così come definite ai fini delle imposte sul reddito, tranne quelle sostenute per l’acquisto di beni di costo unitario non superiore ad euro 50.
Si precisa al riguardo che la detraibilità dell'IVA è preclusa quando una determinata spesa è qualificata come "di rappresentanza" ai sensi della disciplina in esame, indipendentemente dal fatto che, ai fini della determinazione del reddito, la deducibilità della medesima sia in tutto o in parte consentita in funzione del plafond di deducibilità di cui al comma 2 del decreto del 208.
L’interpello
Con interpello a cui è stata data Risposta 1° febbraio 2019, n. 22, l’Agenzia delle Entrate è stata interrogata da un’associazione culturale che, tra le altre attività (di natura commerciale e non), organizza un festival di cinema popolare per il quale riceve anche contributi pubblici a parziale copertura delle spese sostenute.
La manifestazione, oltre alla proiezione di film, prevede alcuni spettacoli correlati, con ingresso a pagamento e il mercato cinematografico “Focus”, dedicato agli addetti al settore, anch’esso con quote di partecipazione a pagamento.
L’associazione, nel 2018, nell’ambito della rassegna cinematografica ha sostenuto “spese di ospitalità” per la partecipazione di alcune personalità del settore invitate con lo scopo di raggiungere obiettivi pubblicitari e di incremento dei ricavi di vendita.
Nello specifico, hanno preso parte all’evento:
a. vip e testimonial che hanno presentato in sala i film e partecipato agli incontri;
b. giornalisti, docenti e studenti di materie cinematografiche e umanistiche che operano a vario titolo nel settore della comunicazione (stampa e web);
c. esperti di cinema, produttori o distributori, che hanno partecipato alle tavole rotonde di discussione “Focus” (appartengono a questa categoria i buyers, ossia gli esperti che partecipano in qualità di potenziali acquirenti di film, e i sales agents, cioè gli agenti titolari di diritti di sfruttamento delle opere cinematografiche internazionali);
d. collaboratori che durante il corso dell’anno operano all’estero, partecipando alla selezione dei film in concorso, mentre nel corso del festival sono presenti per dare un contributo attivo all’organizzazione della manifestazione.
Le spese di ospitalità si riferiscono ai costi di vitto e alloggio, viaggio e trasporto, sostenuti nel periodo del festival.
L’associazione rileva che gli ospiti sono essi stessi potenziali clienti, perché possono acquistare libri e dvd dedicati presso il bookstore, oltre a spazi pubblicitari, diritti di film acquistati dall’associazione e film distribuiti dalla società di cui essa stessa è socio al 50%. Inoltre, gli ospiti sono generatori diretti di ricavi, in quanto le spese rendicontate per ospitalità generano ricavi da contributi pubblici.
Secondo l’associazione istante, la partecipazione degli ospiti non può essere considerata del tutto gratuita, in quanto agli invitati è chiesto, ad esempio, di presentare film o scrivere una recensione.
L’associazione chiede quindi di conoscere:
- se le spese di ospitalità per l’edizione 2018 della manifestazione cinematografica siano interamente deducibili ai fini delle imposte dirette,
- se l’IVA sia detraibile nelle liquidazioni in cui sono registrate le fatture, in quanto totalmente inerenti alla produzione dei ricavi.
Per l’associazione istante, i costi di vitto, alloggio, viaggio e trasporto in argomento sono qualificabili come spese di pubblicità volte ad aumentare la presenza di pubblico e, quindi, degli incassi, come peraltro ritenuto dalla prassi e dalla giurisprudenza, che si sono pronunciati sulla qualificazione come spese di pubblicità delle spese di ospitalità sostenute nell’ambito di manifestazioni fieristiche (Risoluzione MEF 17 settembre 1998, n. 148 e Circolare n. 34/E/2009 citata; Cass. 4 maggio 2016, n. 8851 e 29 novembre 2016, n. 24227; in queste ultime si è affermato che è principio giurisprudenziale quello secondo cui l'obiettivo perseguito con le spese di pubblicità o propaganda, di regola, consiste in una diretta finalità promozionale e di incremento commerciale, normalmente, concernente la produzione realizzata in un determinato contesto laddove, invece, le spese di rappresentanza coincidono con la crescita d'immagine ed il maggior prestigio nonché con il potenziamento delle possibilità di sviluppo della società).
Argomentazioni
Come si rileva dal quesito posto, la questione sottoposta all’esame dell’Amministrazione finanziaria riguarda la qualificazione o meno come spese di pubblicità delle spese di ospitalità sostenute a favore di alcune categorie di soggetti, in occasione dello svolgimento di un festival di cinema da parte di un’associazione culturale avente per oggetto sociale lo sviluppo e la diffusione della cultura e della tecnica cinematografica e audiovisiva, oltre ad attività commerciale rivolta alla gestione di due sale cinematografiche nella città in cui ha sede.
L’Agenzia delle Entrate dissente però dalla soluzione interpretativa avanzata dall’associazione istante, ritenendo che le descritte spese di ospitalità sostenute per i soggetti appartenenti alle categorie sopra indicate non siano qualificabili come spese di pubblicità.
A tal fine, riprendendo concetti già sopra descritti, occorre rimarcare che la disciplina delle spese di pubblicità è contenuta nell’art. 108, comma 1, del TUIR, in cui la possibilità di capitalizzare tali costi e di dedurre i medesimi in un periodo massimo di cinque esercizi è stata sostituita dalla regola di deducibilità integrale nell’esercizio di sostenimento, come risulta dalle modifiche apportate alla norma dall’art. 13-bis, comma 2, lettera c), numero 1), del D.L. 30 dicembre 2016, n. 244, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2017, n. 19.
Per quanto riguarda, poi, l’esatto inquadramento del concetto generale di “pubblicità”, la Risposta n. 22/2019 rimanda ai due documenti di prassi sopra richiamati, ossia la Circolare 34/E/2009 e la Risoluzione MEF n. 148/1998, dai quali si evince che presupposto delle spese qualificabili come di pubblicità è un contratto a prestazioni corrispettive, la cui causa va ricercata nell'obbligo della controparte di pubblicizzare/propagandare - a fronte della percezione di un corrispettivo - il marchio e/o il prodotto dell'impresa al fine di stimolarne la domanda: in pratica, il prestatore riceve compensi per portare a conoscenza del consumatore il prodotto dell’impresa con lo scopo di stimolarne quanto più la domanda sul mercato.
Le spese di rappresentanza di cui all’art. 108, comma 2, del TUIR, invece, come si evince dall’art. 1, comma 1, del D.M. 19 novembre 2008, sono quelle sostenute per erogazioni a titolo gratuito di beni o servizi, effettuate con finalità promozionali o di pubbliche relazioni e il cui sostenimento risponda a criteri di ragionevolezza in funzione dell’obiettivo di generare, anche potenzialmente, benefici economici per l’impresa ovvero sia coerente con pratiche commerciali di settore. Sotto il profilo fiscale, le predette spese sono deducibili entro un limite determinato in misura percentuale in relazione all’ammontare dei ricavi della gestione ordinaria. Naturalmente, ai fini della deduzione, necessita che ne venga dimostrata l'inerenza con l'attività svolta.
In sostanza, mentre con la pubblicità si porta a conoscenza della generalità dei consumatori l'offerta del prodotto, stimolando la formazione o l'intensificazione della domanda (e, quindi, reclamizzandolo), con le spese di rappresentanza viene offerta al pubblico una immagine positiva dell'impresa e della sua attività in termini di organizzazione e di efficienza (Risoluzione n. 148/1998).
Le spese di ospitalità
Relativamente alle spese comunemente definite di “ospitalità”, caratterizzate dal sostenimento, da parte dell’impresa, di costi per viaggi, vitto e alloggio di determinate categorie di soggetti, le stesse sono qualificate come spese di rappresentanza, tranne nell’ipotesi in cui siano sostenute per ospitare clienti, attuali o potenziali, in occasioni specifiche, all’interno di contesti commerciali ben definiti, quali fiere, mostre, esposizioni, eventi similari e visite aziendali. Ciò in base al combinato disposto del comma 1 e del comma 5 dell’art. 1 del D.M. del 2008, ove si specifica che alcune spese sostenute per ospitare i clienti dell'impresa "non costituiscono spese di rappresentanza e non sono, pertanto, soggette ai limiti previsti dal presente decreto".
In particolare, si tratta delle "spese di viaggio, vitto e alloggio sostenute per ospitare clienti, anche potenziali, in occasioni di mostre, fiere, esposizioni ed eventi simili in cui sono esposti i beni e i servizi prodotti dall'impresa o in occasione di visite a sedi, stabilimenti o unità produttive dell'impresa". In tale circostanza, le spese di ospitalità assumono rilevanza diversa rispetto alle normali spese di rappresentanza, in quanto le stesse sono strettamente correlate alla produzione dei ricavi tipici dell’impresa; pertanto, tali costi non soggiacciono ai limiti di deducibilità propri delle spese di rappresentanza, ma sono integralmente deducibili, ferma restando l’osservanza delle norme generali sui componenti del reddito d’impresa di cui all’art. 109 del TUIR. Torna utile ricordare al riguardo che le spese relative a prestazioni alberghiere e a somministrazioni di alimenti e bevande - diverse da quelle di cui all’art. 95, comma 3 (spese di vitto e alloggio sostenute per le trasferte effettuate fuori dal territorio comunale dai lavoratori dipendenti e dai titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa) - sono comunque deducibili nel limite del 75% del relativo ammontare (come previsto dall’art. 109, comma 5, del TUIR), indipendentemente dalla circostanza che siano sostenute con finalità di rappresentanza o meno.
Quanto all’individuazione della nozione di cliente attuale o potenziale, sono da considerare tali quei soggetti attraverso i quali l’impresa consegue attualmente i propri ricavi, ovvero i soggetti che possono manifestare un interesse commerciale verso i beni e servizi offerti dalla stessa, ovvero siano i destinatari dell’attività caratteristica esercitata dalla stessa.
In particolare, ai sensi del comma 5 dell’art. 1 del D.M. 19 novembre 2008:
- sono da considerare "clienti", quei soggetti attraverso i quali l'impresa consegue attualmente i propri ricavi;
- sono invece da considerare "clienti potenziali", quei soggetti che abbiano, in qualche modo, già manifestato o possano manifestare un interesse di natura commerciale (acquisto) verso i beni ed i servizi dall'impresa, ovvero siano i destinatari dell'attività caratteristica esercitata dalla stessa.
Soluzione interpretativa: imposte sui redditi
Così precisato l’iter normativo e di prassi delle spese di pubblicità, rappresentanza e ospitalità, con specifico riguardo a queste ultime occorre, nell’avvio alle conclusioni, evocare in causa le sentenze 4 maggio 2016, n. 8850 e n. 8851 (le quali sono state confermate dalla recente ordinanza 23 gennaio, n. 1795 in relazione agli esborsi sopportati per un evento di moda da una società “per il viaggio e l'alloggio nei vari alberghi della città e di ristorazione dei giornalisti chiamati a presenziare alla mostra e delle personalità invitate a parteciparvi al fine di darle lustro o, comunque, per focalizzare su di essa la attenzione generale»), con le quali la Corte di Cassazione, annullando gli atti impositivi, ha stabilito, rispettivamente in materia di imposte sui redditi e di IVA, che:
- “Deve ritenersi che la società contribuente organizzatrice di eventi nel settore della moda possa portare in deduzione le spese di ospitalità dei giornalisti accreditati dovendosi escludere che si tratti di spese di rappresentanza e ritenerle piuttosto assimilabili a esborsi per pubblicità in quanto funzionalmente collegati a fatti generatori di ricavi, laddove se il servizio di vende è perché gli operatori del settore lo ritengono utile al proprio business e a suscitare il loro interesse sono i resoconti della stampa specializzata”;
- “In materia di IVA, sono deducibili come spese di pubblicità le spese di ospitalità per la stampa specializzata e le personalità invitate ad eventi fieristici organizzati dal contribuente perché tendenti, prevalentemente, anche se non esclusivamente, alla pubblicizzazione di prodotti, marchi e servizi dell'attività imprenditoriale svolta, con conseguente diretta aspettativa di un ritorno commerciale”.
In sostanza, per la Cassazione costituiscono:
- spese di rappresentanza quelle per iniziative volte ad accrescere il prestigio o l’immagine dell’impresa;
- spese di pubblicità o di propaganda quelle sostenute per iniziative tendenti, prevalentemente anche se non esclusivamente, alla pubblicizzazione di prodotti, marchi e servizi, o comunque dell’attività svolta.
Ebbene, tali conclusioni giurisprudenziali, richiamate dall’associazione interpellante, non vengono ritenute pertinenti dall’Agenzia Entrate per il caso di specie, spiegando che le categoria di ospiti appartenenti ai sopraindicati gruppi “a)” e “b)” (attori, registi, giornalisti, testimonial, studenti, ecc.) rappresentano categorie di rilevanza strettamente connessa allo svolgimento del festival e non alla sua diffusione mediatica; quindi, le spese sostenute per la loro partecipazione al festival non possono essere considerate di pubblicità né, dai documenti esibiti, risultano obblighi di prestazioni di tali personalità, atteso che il ruolo di dette categorie ha rilevanza prettamente interna al festival; in altri termini, l’invito al festival di tali soggetti si traduce nella fruizione di accrediti per l’accesso alla proiezione di tutti i film e la partecipazione agli incontri con gli ospiti. Di conseguenza, l’attività da loro posta in essere non assume un ruolo di primo piano nella creazione, intorno alla manifestazione, di un clima di diffusa sensibilizzazione mediatica presentando, quindi, caratteristiche diverse dalla fattispecie oggetto delle citate sentenze.
Nella fattispecie rappresentata, l’Agenzia elle Entrate ritiene quindi che le spese di ospitalità sostenute nei confronti di tutte le categorie di ospiti non presentino le caratteristiche delle spese di pubblicità. Tant’è che:
- con riguardo alla categoria “a)”, l’obbligo di presenziare alla proiezione della prima visione e di disponibilità alle interviste non appare, da solo, sufficiente, per integrare i requisiti specifici che connotano le spese di pubblicità;
- riguardo alle categorie “b)” e “c)”, dai documenti esibiti non emerge alcun obbligo di pubblicizzazione dell’evento, trattandosi di meri inviti, liberamente declinabili.
Per quanto concerne gli ospiti della categoria “d)” (consulenti esteri), il loro contributo non prevede la sponsorizzazione dell’evento, bensì attività di natura intellettuale a supporto della logistica e dell’organizzazione di ciascuna edizione della manifestazione cinematografica.
Con riferimento, poi, alle spese relative al vitto, che sono rivolte a tutti i soggetti di cui alle lettere “a)”, “b)”, “c)”, e “d)”, l’Agenzia delle Entrate ritiene che esse debbano essere attratte dal regime delle spese di rappresentanza perché sono sostenute in maniera indistinta sia per i clienti che per altri destinatari. Le altre spese di ospitalità relative ai soggetti delle categorie di cui alla lettere “a)” e “b)” (ossia vip e testimonial, giornalisti e studenti) sono anch’esse riconducibili alle spese di rappresentanza.
In definitiva, per l’Amministrazione finanziaria interpellata:
- le spese di vitto sostenute per tutti i partecipanti sono qualificabili come di rappresentanza perché sostenute indistintamente sia per i clienti che per gli altri destinatari;
- stessa soluzione per le altre spese di ospitalità riguardanti i primi due gruppi.
Le spese non sono interamente deducibili, precisa la Risposta n. 22/2019, perché i destinatari dei servizi non possono essere considerati clienti né potenziali né attuali, come invece richiede l’art. 1, comma 5, del D.M. 19 novembre 2008 a proposito della definizione della nozione di “rappresentanza”. In definitiva, gli ospiti non rappresentano potenziali clienti ma piuttosto promotori del festival.
All’interno della categoria “c)” (addetti ai lavori), si aggiunge che sono invece interamente deducibili i costi relativi ai buyers, nella loro veste di potenziali acquirenti di film all’interno della sezione appositamente dedicata nell’ambito dell’evento.
Nulla da fare invece per le spese di ospitalità sostenute per i sales agents, presenti all’interno dello stesso gruppo, perché anch’essi non possono essere qualificati come potenziali clienti, al pari dei vip, testimonial, giornalisti e studenti.
Per quanto concerne i consulenti esteri (precedente lettera “d”), l’Amministrazione finanziaria afferma che questi soggetti ricevano corrispettivi anche in natura, come il viaggio aereo, oneri che formano la base imponibile IRES, secondo quanto disposto dagli artt. 83 e 109 del TUIR (si ricorda infatti che le spese di ospitalità, dal punto di vista del percettore, sono remunerazioni erogate a fronte di prestazioni di servizi rese, ancorché occasionalmente, anche in Italia, da parte del collaboratore non residente).
IVA
Infine, il documento interpretativo in esame sposta l’attenzione nell’ambito IVA, nel cui contesto, come accennato nell’introduzione, l’art. 19-bis.1, comma 1, lettera h), del D.P.R. n. 633/1972, prevede l’indetraibilità oggettiva delle spese di rappresentanza così come definite ai fini delle imposte sul reddito, tranne quelle sostenute per l’acquisto di beni di costo unitario non superiore ad euro 50.
Premesso, come già riferito, che nella fattispecie le spese di ospitalità sostenute dall’associazione per tutte le categorie di soggetti indicate non sono qualificabili come spese di pubblicità, l’Agenzia aggiunge che, tuttavia, limitatamente alle categorie di cui alle lettere “a)”, “b)” e “c)” (diverse dai “buyers”), essendo riconducibili nell’ambito delle spese di rappresentanza ex art. 108 TUIR, relativamente alle stesse si applicherà l’indetraibilità oggettiva prevista dall’art. 19-bis1, comma 1, lettera h), del D.P.R. n. 633/1972 (si ricorda in proposito che la Corte di Cassazione – v. sentenze 16 novembre 2011, n. 24065; 27 aprile 2012, n. 6548; 27 maggio 2015, n. 10914; 16 marzo 2016, n. 5195 - ha stabilito che, per verificare l'inerenza di un costo di pubblicità sostenuto a favore di un terzo soggetto, è necessario indagare la natura del rapporto tra la società che ha sostenuto la spesa e il terzo, al fine di valutare i vantaggi e l'utilità ritraibili dalla pubblicità svolta a favore del terzo, al quale è riconducibile il messaggio pubblicitario; non rileva, invece, l'incongruità tra la spesa ed i ricavi realizzati nell'anno di imposta, in quanto non occorre che vi sia un immediato riscontro, ma che tale costo sia proiettato ad utilità future).
Detta limitazione si applica anche con riguardo all’IVA addebitata all’associazione relativamente alle spese di ospitalità (ad esempio, vitto) sostenute in modo indistinto sia per i clienti che per altri destinatari che, ai fini delle imposte sui redditi, sono attratte alle spese di rappresentanza.
Per quanto concerne invece le spese (alloggio, trasporto) sostenute nei confronti dei soggetti di cui alle lettere “c)” e “d)” (buyers e consulenti esteri), viene osservato che le stesse, non essendo qualificabili, nell’imposizione diretta, come spese di rappresentanza, ai fini della detraibilità dell’IVA assolta per i predetti acquisti (art. 19 D.P.R. n. 633/1972), occorrerà tenere conto della natura del servizio acquistato.
Così:
- riguardo alle spese di alloggio, l’IVA addebitata all’associazione risulta detraibile sulla base dei principi generali previsti dall’art. 19 del D.P.R. n. 633/1972, nella misura in cui tali acquisti risultano “inerenti” ad operazioni che consentono il diritto alla detrazione;
- circa le spese di trasporto, invece, l’Agenzia osserva che l’eventuale IVA addebitata all’associazione non è detraibile ai sensi dell’art. 19-bis1, comma 1, lettera e), del D.P.R. n. 633/1972, secondo cui “salvo che formino oggetto dell’attività propria dell’impresa, non è ammessa in detrazione l’imposta relativa a prestazioni di trasporto di persone”.