 Gentile utente ti informiamo che questo sito utilizza cookie di profilazione di terze parti. Se decidi di continuare la navigazione accetti l'uso dei cookie.
x Chiudi
  • Accedi
  • |
  • SHOP
  • |
  • @ Contattaci
Consulenza.it - L'informazione integrata per professionisti e aziende
Consulenza Buffetti - il portale dei professionisti e delle aziende
Ricerca avanzata
MENU
  • home HOME
  • News
  • Articoli
  • Video
  • Scadenze
  • Formazione
  • Guide
  • CCNL
  • Banche Dati Consulenza Buffetti
Home
Articoli
I rimborsi IVA: Norme, questioni ed esecuzione

ARTICOLI

Articolo
torna agli articoli
Agevolazioni fiscali

I rimborsi IVA: Norme, questioni ed esecuzione

giovedì, 13 dicembre 2018

I rimborsi IVA si ricollegano all’esercizio del diritto alla detrazione da parte del soggetto passivo dell’imposta, con riferimento all’eccedenza detraibile che può venire riconosciuta, appunto, tramite il rimborso in sede di dichiarazione annuale.

Per stabilire se una determinata operazione imponibile conferisca o meno il diritto al rimborso dell’IVA dovuta “a monte”, è necessario valutare se l’operazione passiva sia collegata da un nesso di inerenza all’attività esercitata dal soggetto passivo, alla luce dei principi che regolano l’applicazione dell’imposta e con riguardo ai requisiti soggettivi, oggettivi e territoriali.

Aspetti generali

Il diritto al rimborso dell’IVA può essere esercitato solamente in presenza di determinate condizioni, in difetto delle quali i contribuenti sono “abilitati” solamente a riportare a nuovo il credito IVA per scomputarlo nell'esercizio successivo.

Una specifica eccezione è prevista – con la spettanza comunque del diritto al rimborso – se il contribuente ha cessato l'attività nel corso dell'anno.

I requisiti previsti sono di seguito indicati:

  • requisito oggettivo: il credito IVA deve ammontare almeno ad euro 2.582,28 (art. 30, comma 3, D.P.R. n. 633/1972);
  • requisito soggettivo: la società deve (alternativamente):
  • esercitare in via esclusiva o prevalente attività che comportino l'effettuazione di operazioni soggette ad IVA con aliquote inferiori a quelle dell'imposta relativa agli acquisti ed alle importazioni;
  • effettuare operazioni non imponibili per un ammontare superiore al 25% dell'ammontare complessivo di tutte le operazioni effettuate;
  • aver acquistato o importato beni ammortizzabili (nonché beni e servizi per studi e ricerche), limitatamente alla relativa imposta;
  • effettuare prevalentemente operazioni non soggette ad IVA a norma dell'art. 7, D.P.R. 633/1972;
  • aver nominato un rappresentante fiscale, secondo quanto previsto dall’art. 17, secondo comma, D.P.R. n. 633/1972.

Al di fuori dei casi indicati, la richiesta di rimborso può essere validamente effettuata se dalle dichiarazioni dei due anni precedenti risultano eccedenze a favore del contribuente, nei limiti dell'ammontare del credito risultante dalla dichiarazione annuale e, comunque, per un importo non superiore alla minore delle eccedenze (art. 30, quarto comma, D.P.R. n. 633/1972).

Le norme comunitarie

L’art. 168 della direttiva n. 112 del 28.11.2006 contiene una disciplina articolata del diritto a detrazione, specificando che, nella misura in cui i beni e i servizi sono impiegati ai fini di sue operazioni soggette a IVA, il soggetto passivo ha il diritto, nello Stato membro in cui effettua tali operazioni, di detrarre dall'importo dell'IVA di cui è debitore gli importi seguenti:

  • l'IVA dovuta o assolta in tale Stato membro per i beni che gli sono o gli saranno ceduti e per i servizi che gli sono o gli saranno resi da un altro soggetto passivo;
  • l'IVA dovuta per le operazioni assimilate alle cessioni di beni e alle prestazioni di servizi, a norma dell'art. 18, lettera a), e dell'art. 27;
  • l'IVA dovuta per gli acquisti intracomunitari di beni, secondo l'art. 2, paragrafo 1, lett. b), punto i);
  • l'IVA dovuta per le operazioni assimilate agli acquisti intracomunitari, a norma degli artt. 21 e 22;
  • l'IVA dovuta o assolta per i beni importati nello Stato membro. 

Il diritto supera la forma

Il diritto al rimborso dell’IVA si lega al diritto alla detrazione, in quanto assicura la neutralità e il corretto funzionamento dell’imposta. Per tale ragione, il suo esercizio non può essere precluso o limitato da situazioni di formale “non correttezza”.

La mancata esposizione del credito IVA nella dichiarazione annuale non fa decadere il diritto di far valere tale credito, purché questo emerga dalle scritture contabili (Cass. 23.10.2006, n. 22114). Ciò è stato affermato dalla Cassazione sulla linea interpretativa espressa dal diritto comunitario vivente, attraverso la sentenza della Corte di Giustizia UE dell’11.7.2002, in esito alla causa C-62/00, Liberexim BV).

Secondo l’orientamento richiamato, “il soddisfacimento del credito IVA non è strettamente collegato al meccanismo della detrazione, potendo essere fatto valere anche mediante semplice istanza di rimborso”. Insomma, il credito spetta in quanto manifestazione del diritto alla detrazione, che discende dal meccanismo naturale di funzionamento dell’imposta e non tollera restrizioni motivate solamente da un’erronea o incompleta redazione dei documenti fiscali.

Inoltre, secondo l’art. 18 della Sesta direttiva, norma di diretta applicazione sul piano interno, era espressamente previsto il rimborso di quanto erroneamente versato, mentre la sentenza della CGCE del 19.9.2000, in esito alla causa C-454/98, Genius, ha demandato agli Stati membri il compito di introdurre delle normative atte a consentire la possibilità di rettificare ogni imposta indebitamente fatturata, in presenza della buona fede del soggetto emittente la fattura. 

La Cassazione ha altresì richiamato nel decidere il costante orientamento della Corte di Giustizia secondo il quale il diritto alla detrazione costituisce parte integrante del meccanismo dell’IVA e, in linea di principio, non può essere soggetto a limitazioni1, e il principio di neutralità fiscale, il quale esige “che l’esenzione dall’IVA sia accordata se i requisiti sostanziali sono soddisfatti, anche se certi requisiti formali sono stati omessi da parte dei soggetti passivi”, salvo che la violazione di tali requisiti formali sortisca l’effetto di impedire la prova certa che i requisiti sostanziali sono stati soddisfatti2. 

Le disposizioni interne

Secondo le norme IVA italiane [art. 30, comma 3, lett. c), D.P.R. n.633/1972], se durante l’anno vengono acquistati o importati dall’impresa beni ammortizzabili, ovvero sono sostenute spese relative a beni e servizi per studi e ricerche, è possibile chiedere e ottenere il rimborso dell’IVA assolta o addebitata su tali spese. 

L’amministrazione finanziaria si è pronunciata (si veda in particolare la risoluzione n.113 dell’11.7.1996) per fornire chiarimenti su questo presupposto. In particolare, per quello che riguarda il concetto di bene ammortizzabile, è stato più volte evidenziato che occorre fare riferimento alle disposizioni previste per le imposte dirette. È quindi rimborsabile l’imposta assolta sull’acquisto di un capannone industriale, anche se affittato a terzi, in quanto strumentale per natura (risoluzione n. 238 del 24.10.1996). 

In applicazione del medesimo principio, non è invece ammissibile il rimborso dell’IVA pagata per l’acquisto di un terreno edificabile in quanto questo non è suscettibile di deperimento e consumo. 

È stato inoltre precisato che: 

  • è possibile chiedere il rimborso dell’IVA relativa ad un bene ancora in costruzione, sempreché si abbia la assoluta certezza di poter attribuire al medesimo la qualifica di bene ammortizzabile (risoluzione 5.11.1991, n. 445764 e risoluzione 12.2.1983, n.353998); 
  • è ammissibile il rimborso dell’IVA nel caso di acquisizione di beni ammortizzabili tramite contratti di appalto o di locazione finanziaria (circolare n. 2/450014 - parte 2 - del 12.1.1990)
  • per quanto riguarda la locazione finanziaria, il rimborso è possibile solo a favore del concedente e non è riconoscibile all’utilizzatore (risoluzione 28.12.2007, n. 392/E. Si veda anche la risoluzione n. 445585 del 2.12.1991) 
  • il rimborso dell’imposta è possibile nel caso di pagamento di acconti relativi alla fornitura di beni ammortizzabili, anche nell’ipotesi in cui questi acconti si riferiscano a contratti di appalto e siano determinati in base allo stato di avanzamento dei lavori (risoluzione n.111 del 9.4.2002); 
  • per il rimborso dell’IVA relativa all’acquisto di beni ammortizzabili, nonché di beni e servizi per studi o ricerche non è necessario il conseguimento di ricavi (risoluzione n.147/E del 9.6.2009).

La determinazione del rimborso

Per determinare l’importo rimborsabile devono essere considerati non solamente gli acquisti di beni ammortizzabili effettuati nell’anno, ma anche quelli relativi ad anni precedenti, a meno che la relativa imposta non sia stata utilizzata in detrazione su importi a debito o compensata con altre imposte (si vedano le istruzioni ufficiali per la compilazione del quadro VR di Unico e la circolare n.13/450224 - parte 11 - del 5.3.1990). 

Se quindi con la dichiarazione relativa all’anno di imposta X viene richiesto il rimborso di un’imposta relativa all’acquisto di beni ammortizzabili effettuato nell’anno X - 1, la dichiarazione Iva di quell’anno deve evidenziare un credito di importo uguale o superiore a quello richiesto per il bene ammortizzabile. 

Gli (eventuali) utilizzi in compensazione con altre imposte non devono intaccare l’importo relativo al bene ammortizzabile. 

Adempimenti e garanzie

Il contribuente che presenta un credito IVA in un dato periodo di imposta e che decide, in tutto o in parte, di chiederlo a rimborso, nel rispetto dei requisiti previsti dall’art. 30 del D.P.R. n. 633/1972, deve verificare la necessità di presenta specifica garanzia.

L’art. 38-bis del D.P.R. n. 633/1972 stabilisce le condizioni per l’esonero o la presentazione della garanzia.

In alcune ipotesi, la procedura intesa ad ottenere il rimborso dell’IVA è subordinata all’apposizione, da parte dei professionisti a ciò abilitati, del visto di conformità. 

Questo pone a carico degli intermediari autorizzati una serie di controlli sui dati dichiarati dai contribuenti, comportando una sorta di “validazione” delle dichiarazioni nei confronti degli uffici, i quali orientano i propri controlli prevedendo una semplice verifica a campione delle dichiarazioni vistate.

Secondo il vigente art. 38-bis del D.P.R. n. 600/1973 (dopo l’intervento dell’art. 13 del D.Lgs. 21.11.2014, n. 175 e dell’art. 7-quater del D.L. 22.10.2016, n. 193, convertito dalla legge 1° dicembre 2016, n. 225), il rimborso del credito IVA fino a 30.000 euro è erogato senza prestazione di garanzia e senza ulteriori adempimenti (dichiarazione sostitutiva). 

Il limite di 30.000 euro è riferito non alla singola richiesta, ma alla somma delle richieste di rimborso effettuate per l’intero periodo d’imposta (circolare 30.12.2014, n. 32/E).

In tali casi, i controlli del “certificatore” per il rilascio del visto di conformità devono essere finalizzati, oltre che ad evitare errori materiali e di calcolo nella determinazione dell'imponibile, nonché nel corretto riporto delle eccedenze di credito, anche a verificare la regolare tenuta e conservazione delle scritture contabili obbligatorie ai fini IVA. 

È pertanto necessario verificare: 

  • la regolare tenuta e conservazione delle scritture contabili obbligatorie; 
  • la corrispondenza dei dati esposti nella dichiarazione alle risultanze delle scritture contabili; 
  • la corrispondenza dei dati esposti nelle scritture contabili alla relativa documentazione.

Il controllo non dovrà concentrarsi solo sugli elementi da cui scaturiscono i crediti, ma dovrà riguardare anche la sussistenza dei presupposti dei rimborsi. 

Per i rimborsi del credito IVA di importo superiore a 30.000 euro, occorre distinguere:

  • se richiesti da soggetti a rischio (esercizio di attività di impresa da meno di 2 anni; destinatari di accertamenti al di sopra di una certa soglia; dichiarazione priva di visto di conformità; rimborso dell’eccedenza detraibile richiesto all’atto della cessazione dell’attività), è necessario prestare apposita garanzia, che deve avere durata di 3 anni dall’erogazione o, se inferiore, al periodo intercorrente tra la data di effettiva erogazione ed il termine per l’accertamento  ed essere costituita da cauzioni in titoli di Stato o garantiti dallo Stato, fideiussione o polizza fideiussoria;
  • se richiesti da soggetti non a rischio, l’erogazione avviene previa prestazione di garanzia, ovvero, in alternativa, presentando la dichiarazione da cui emerge il credito richiesto a rimborso munita del visto di conformità (o della sottoscrizione dell’organo di controllo se previsto), allegando una dichiarazione sostitutiva di atto notorio che attesti la sussistenza di alcuni requisiti.

Le aree “edificate”

Tra le ipotesi nelle quali il diritto alla detrazione (e quindi al rimborso) dell’IVA incontra limitazioni, si segnalano ipotesi particolari che possono ricorrere con riferimento agli immobili strumentali delle imprese.

Il D.L. n. 223/2006, convertito dalla L. 248/2006, ha introdotto nel sistema italiano del reddito di impresa una novità che appare ormai pienamente acquisita, ossia l’indeducibilità del terreno sottostante o pertinenziale rispetto al fabbricato – ordinario o industriale – posseduto. Successive modifiche sono state apportate dal D.L. 3.10.2006, n. 262, convertito dalla L. 24.11.2006, n. 286, e quindi dal D.L. 3.8.2007, n. 118 e dall’art. 1 della legge 24.12.2007, n. 244.

La prassi amministrativa (circolare n. 8/E del 13.3.2009, par. 6.6) ha chiarito che “l’indeducibilità delle quote di ammortamento e dei canoni di leasing relativi ai terreni prevista dalle disposizioni contenute nell’articolo 36, commi 7 e seguenti, del decreto-legge n.223 del 2006, si riflette anche ai fini del calcolo dell’imposta rimborsabile ai sensi dell’art. 30, comma 3, lett. c, del DPR n.633/72, che, pertanto, nel caso di acquisto di fabbricati, deve essere ridotta per l’importo riferibile al costo (non ammortizzabile) dell’area occupata dalla costruzione e di quella che ne costituisce pertinenza”. 

Ai fini del calcolo delle quote di ammortamento deducibili, se le aree occupate dalla costruzione e quelle che ne costituiscono pertinenza non sono già state oggetto di autonoma acquisizione in precedenza, il costo da attribuire «figurativamente» alle aree è pari al maggiore tra: 

  • il valore separatamente esposto in bilancio nell’anno di acquisto; 
  • il valore ottenuto applicando la percentuale del 20% o, per i fabbricati industriali, del 30%, al costo di acquisto complessivo dell’immobile, includente il valore dell’area.

L’IVA rimborsabile viene quindi riconosciuta in tali casi “al netto” dell’importo che è riferibile alla parte di area non ammortizzabile ai fini delle imposte sui redditi.

Le ristrutturazioni su beni di terzi

Le spese di ristrutturazione degli immobili ricevuti in uso o in comodato non rientrano nell’ambito degli artt. 102 o 103 del TUIR (ammortamento dei beni materiali ed immateriali), bensì tra le ipotesi di cui all’art. 108, terzo comma, del Testo Unico, che disciplina il trattamento fiscale delle spese relative a più esercizi (risoluzione n.179/E del 27.12.2005; circolare n. 27/E del 31.5.2005, par. 3.2.1). 

Ciò significa che non può essere riconosciuto il rimborso su tali spese nel caso di “opere inseparabili dai beni cui accedono. L’opera eseguita, infatti, non è di proprietà del soggetto che l’ha realizzata, giacché, in base ai principi civilistici accede ad un immobile di proprietà altrui. Di conseguenza non può essere iscritta nel bilancio come bene ammortizzabile proprio del soggetto che l’ha effettuata” (risoluzione n. 179/E/ 2005). 

Con sentenza del 10.2.2006, n. 2939, la Cassazione ha chiarito che il conduttore di un immobile non può detrarre l’IVA versata per opere di miglioramento dello stesso, anche se è sede dell’attività dell’impresa (e pertanto non la può ottenere a rimborso). 

I preliminari

Non è rimborsabile l’IVA corrisposta su acconti in sede di stipula di un contratto preliminare ai sensi dell’art. n.1351 del codice civile (risoluzione n.179/E del 27.12.2005).

Ciò in quanto si ritiene che con la stipula del contratto preliminare non si realizzi il presupposto dell’acquisto del bene di cui all’art. 30. 

Sarà però possibile richiedere il rimborso dell’IVA relativa all’acconto in un periodo successivo, unitamente all’imposta relativa al saldo corrisposto con la stipula del contratto definitivo (circolare n. 6/E del 13.2.2006, punto 12.3). 

Si rammenta che i trasferimenti di beni tra soggetti passivi IVA costituiscono, in linea generale, operazioni imponibili ai sensi del D.P.R. n. 633/1972; tuttavia, con riguardo al caso del preliminare di compravendita:

  • il versamento di un eventuale acconto, rappresentando l'anticipazione del corrispettivo pattuito, assume rilevanza ai fini IVA con il conseguente obbligo, per il cedente o il prestatore, di emettere fattura, con addebito dell'imposta; l'aliquota applicabile è quella vigente al momento del pagamento dell'acconto;
  • la caparra confirmatoria non costituisce invece il corrispettivo di una prestazione di servizi o di una cessione di beni, in quanto assolve una funzione risarcitoria, e non è pertanto soggetta ad IVA per mancanza del presupposto oggettivo [cfr, sul punto la circolare dell’Agenzia delle Entrate 1.3.2007, n. 12/E (par. 3)].

Le attività preparatorie

È possibile richiedere il rimborso dell’IVA per l’acquisto di beni ammortizzabili anche in mancanza di operazioni attive, in quanto “la soggettività passiva ai fini dell’Iva sussiste anche se la società abbia svolto solo attività propedeutiche all’attività d’impresa per la quale è stata costituita”3. 

Molto chiara è pure la giurisprudenza della Corte di Giustizia UE, la quale ha evidenziato, tra, l’altro, come non esistano norme che escludono il diritto alla detrazione dell’imposta nel caso in cui il volume d’affari non raggiunga determinati livelli4. 

Nella sentenza 14.2.1985, relativa alla causa 268/83, “Rompelman”, la Corte di Giustizia europea ha stabilito che:

  • le attività economiche di cui all'art. 4, n. 1, della Sesta Direttiva, possono consistere in vari atti consecutivi;
  • gli atti preparatori, come il procurarsi i mezzi per esercitare tali attività e, pertanto, anche l'acquisto di un bene immobile, devono già ritenersi parte integrante delle attività economiche.

Anche le prime spese di investimento effettuate ai fini di una data operazione possono quindi essere considerate come attività economiche ai sensi dell'art. 4 della Sesta direttiva (corrispondente all’art. 9 della direttiva del 2006); in tale contesto, l'Amministrazione deve prendere in considerazione la dichiarata intenzione dell'impresa.

L’assenza di operazioni attive

La sentenza della Corte di Cassazione n. 4157 del 20.2.2013 ha escluso il diritto al rimborso IVA richiesto da una società di persone che aveva ristrutturato un immobile da adibire ad attività turistico-alberghiera, giacché la società non aveva mai effettivamente iniziato a svolgere detta attività, trasformandosi in società semplice.

La Suprema Corte ha deciso quindi in senso sfavorevole al rimborso, riformando la decisione della CTR ed esprimendo un orientamento “disallineato” rispetto a quello della Corte di Giustizia Europea (sentenza 29.2.96 causa C-110/94), secondo la quale la detrazione spetta anche in presenza di un’attività che comporti potenzialmente e prospetticamente l’effettuazione di operazioni imponibili.

L’omessa registrazione di fatture di acquisto

La sentenza della Corte di Cassazione n. 21457 del 9.10.2009 (udienza del 9.7.2009) ha puntualizzato che il rimborso IVA può essere legittimamente richiesto e concesso anche in assenza di registrazione delle fatture: ciò deve ritenersi coerente con i principi comunitari, secondo i quali la dichiarazione è sempre emendabile e ritrattabile (essa infatti non ha valore confessorio e non costituisce di per sé fonte di obbligazione tributaria). 

Nel caso sottoposto all’esame della S.C., in estrema sintesi, l’omessa registrazione era dovuta a un errore materiale e il rimborso dell’imposta era stato richiesto con dichiarazione integrativa; si era pertanto configurato un tentativo (da parte del contribuente) di «sanare» l’errore compiuto, con istanza all’Amministrazione alla quale non era seguita risposta e la conseguente impugnazione del silenzio-rifiuto formatosi5.

Rimborso, detrazione e rettificabilità della dichiarazione

Nella sentenza sopra richiamata è fatto riferimento alla giurisprudenza pregressa della Corte, secondo la quale il diritto alla detrazione e al rimborso viene mantenuto anche in caso di omessa registrazione delle fatture; in particolare:

  • il diritto alla detrazione si perde soltanto se questa non viene computata né nel mese di competenza, né in sede di dichiarazione annuale6;
  • la perdita del diritto alla detrazione non pregiudica in ogni caso il diritto al rimborso di quanto versato in eccesso, in applicazione dell’art. 30, secondo comma, del decreto IVA7;
  • dato che la perdita del diritto al rimborso ha natura di vera e propria decadenza, essa dovrebbe essere espressamente prevista dalla legge, mentre manca nel decreto IVA una specifica previsione al riguardo8. 

Occorre altresì tenere fermo un principio più volte espresso dalla S.C., sul punto dell’emendabilità e rettificabilità della dichiarazione che sia affetta da errore, di fatto o di diritto9.

Tale enunciazione poggia anche sui principi di capacità contributiva e di buona amministrazione, con i quali risulterebbe incompatibile “un sistema legislativo che impedisca al contribuente di dimostrare, entro un ragionevole lasso di tempo, l’inesistenza di fatti giustificativi del prelievo”10. 

In ogni caso, si ritiene, la spettanza del diritto al rimborso potrebbe essere sempre affermata tramite un’istanza di tipo “anomalo” ai sensi dell’art. 21 del D.Lgs. n. 546/1992, il cui rifiuto espresso o tacito può essere oggetto di impugnazione [art. 19, comma1, lett. g), D.Lgs. n. 546/1992].

Le società non operative

Particolarmente penalizzanti possono essere le conseguenze sull'IVA a credito maturata per le società che fossero ritenute di comodo. 

Infatti, secondo il comma 4 dell'art. 30, per tali società l'eccedenza di credito risultante dalla dichiarazione presentata ai fini IVA non è ammessa al rimborso e non può essere compensata ai sensi dell'art. 17 del D.Lgs. n. 241/1997, né ceduta ai sensi dell'art. 5, comma 4-ter, del D.L. 14.3.1988, n. 70, convertito con modificazioni dalla L. 13.5.1988, n. 154.

Un'ulteriore penalizzazione è inoltre prevista nel caso in cui la società tre periodi d'imposta consecutivi non abbia effettuato “operazioni rilevanti ai fini dell'imposta sul valore aggiunto non inferiore all'importo che risulta dalla applicazione delle percentuali di cui al comma 1”: in tale ipotesi, infatti, l'eccedenza di credito non è neppure riportabile a scomputo dell'IVA a debito relativa ai successivi periodi d'imposta, e pertanto - sostanzialmente - il credito è perduto in via definitiva.

Secondo le indicazioni fornite dall'Agenzia delle Entrate nella circolare n. 11/E del 2007, per verificare l'eventuale mancato superamento del limite minimo per le operazioni rilevanti ai fini IVA “deve assumersi come totale delle operazioni effettuate ai fini IVA l'ammontare complessivo del volume d'affari determinato ai sensi dell'articolo 20 del D.P.R. n. 633 del 1972”.

A tale riguardo, l'Agenzia ha espresso il parere “che costituisce presupposto necessario per l'applicazione della norma la circostanza che il soggetto non abbia superato, in nessuno dei tre menzionati periodi d'imposta consecutivi, il test di operatività di cui al comma 1”.

Per ogni periodo di imposta, anche ai fini del mantenimento del diritto al rimborso, alla compensazione e alla cessione del credito, può essere presentata istanza di interpello probatorio all’Agenzia delle Entrate [art. 11, comma 1, lett. b), legge n. 212/2000]. Si osserva che tale interpello non è più ritenuto “obbligatorio”, potendo essere sostituito dalla segnalazione nella dichiarazione dei redditi (nel quadro RS del modello Redditi 2018 SC e SP).

Le stesse conseguenze previste per le società non operative si producono anche per le c.d. società in perdita sistematica, che dichiarano perdite fiscali per 5 periodi di imposta consecutivi, ovvero per 4 periodi nel quinquennio, se nel periodo rimanente il reddito è inferiore rispetto a quello minimo presunto (commi da 36-quinquies a 36-duodecies dell'art. 2 del D.L. 13.8.2011, n. 138, convertito dalla L. 14.9.2011, n. 148, con le modificazioni apportate dell'art. 18 del D.Lgs. 21.11.2014, n. 175).

 


1) Sono richiamate a tale riguardo nella pronuncia le sentenze: 6.7.1995, causa C-62/93, BP Soupergaz, punto 18; 21.3.2000, cause riunite da C110/98 a C147/98, Gabalfrisa e a., punto 43; 1° aprile 2004, causa C- 90/02, Bockemùhl; 8.5.2008, cause C-95 e C-96/07, Ecotrade, punto 39.

2) È richiamata anche a tale riguardo la giurisprudenza comunitaria, e in particolare le sentenze della CGCE: 27.9.2007, causa C-146/05, Collèe, punto 31; 8.5.2008, cause C-95 e C-96/07, punto 63.

3) Corte di Cassazione, sentenza n.17514 del 9 dicembre 2002. In tal senso anche la precedente sentenza del 24 febbraio 2001 n.2729.

4) Sentenza dell’11 luglio 1991 relativa alla causa C-97/90, ma si vedano anche le sentenze del 14 febbraio 1985 causa 286/83, 29 febbraio 1996 causa C-110/94, 15 gennaio 1998 causa C-37/95, sentenza 21 marzo 2000 cause riunite da C-110/98 e C-147/98, tutte su www.europa.eu.int.

5) Cfr. D. Alberici, «Le fatture non registrate consentono il rimborso IVA», Italia Oggi 13.10.2009, pag. 37.

6) Cass. 20.1.1997, n. 544; 25.2.1998, n. 2063; 4.2.2000, n. 1204; 28.1.2002, n. 1029.

7) Cass. 9.2.2001, n. 1823; 20.8.2004, n. 16477; 23.7.2007, n. 16257; 19.10.2007 n. 21947; 25.3.2009, n. 7172.

8) Cass. 25.2.1998, n. 2063; 26.2.2004, n. 3904; 26.7.2006, n. 17067.

9) Cass. SS.UU. 21.10.2002, n. 15063; SS.UU. 6.12.2002, n. 17394; 23.5.2003, n. 8153.

10) Cass. 12.6.2002, n. 8362.

 

 

Consulenza Buffetti - il portale dei professionisti e delle aziende

Consulenza.it è di proprietà di Gruppo Buffetti S.p.A. - tutti i diritti sono riservati
Direttore Responsabile: Emidio Lenzi

consulenza@buffetti.it - 06 23 19 51

Gruppo Buffetti S.p.A. con unico azionista - Via Filippo Caruso 23 - 00173 ROMA
P.IVA 04533641009 - C. Fiscale 00248370546 - Iscrizione Registro Imprese REA 776017
Capitale Sociale: € 10.000.000,00 i.v. - Registro A.E.E. n. IT08020000003689

  • Privacy Policy
  • Termini di Servizio
  • Cookie Policy
  • Credits
Dimenticato la password? oppure il nome utente?
NON SEI ANCORA REGISTRATO?
Registrati