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Il Decreto Dignità e il lavoro domestico

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Il Decreto Dignità e il lavoro domestico

martedì, 09 ottobre 2018

Ad ogni importante riforma del mondo del diritto del lavoro, siamo abituati a leggere nel testo normativo che il lavoro domestico gode di condizioni particolari nell’applicazione della normativa che entrerà in vigore. Il Decreto Dignità in effetti incide marginalmente anche sul lavoro domestico. Vediamo come.

Scritto da: De Luca Massimo

Anche in questo caso, seppur lievemente, il cd. Decreto Dignità, con legge di conversione n. 96/2018, ha interessato il diritto del lavoro domestico come tutti gli altri settori, apportando eccezioni, ipotizzabili o già esplicitate, e comunque da confermare ed integrare con il successivo decreto attuativo non ancora pubblicato in Gazzetta Ufficiale. Ma andiamo con ordine, analizzando solo gli istituti che ci interessano da vicino.

La modifica apportata dall’art. 19 comma 1 del Decreto Dignità, è sicuramente uno degli aspetti più importanti della riforma che incide direttamente nella gestione dei contratti a termine. 

L’articolo prevede la stipula di un contratto di lavoro a termine senza motivazione, meglio conosciuta come "a-causale", che avvenga solo ed esclusivamente per un periodo di durata non superiore ai 12 mesi.

La modifica non incide nel testo letterale dell’art. 7, comma 1, del CCNL di categoria “L’assunzione può effettuarsi a tempo determinato, nel rispetto della normativa vigente, obbligatoriamente in forma scritta, con scambio tra le parti della relativa lettera, nella quale devono essere specificate le fattispecie giustificatrici.”, ma, ovviamente, incide nella quotidiana applicazione e redazione dei contratti a termine, che seppur poco frequenti in questo settore, l’acausalità risulta essere la forma più utilizzata.

Il contratto a tempo determinato potrà avere una durata superiore ai 12 mesi solo in presenza delle seguenti causali:

  • ragioni sostitutive;
  • esigenze connesse ad incrementi temporanei, significativi e non programmabili delle attività ordinaria.

In tal caso, anche per il lavoro domestico, come per le altre tipologie di lavoro a termine, la durata massima del contratto si riduce a 24 mesi, contro i precedenti 36 mesi previsti dalla precedente normativa. 

Si ricorda che, fatto salvo quanto previsto nell’art. 7, comma 2 del ...

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