Quando si parla di rimanenze occorre precisare, innanzitutto, cosa si intende con il termine rimanenze di esercizio.
In genere, con tale locuzione si intendono sia beni che formano oggetto dell’attività imprenditoriale sia altri beni materiali che intervengono nella catena produttiva o beni immateriali iscritti nell’attivo circolante.
Rimanenze di esercizio | Costi imputabili a beni ancora in giacenza che si rinviano al futuro esercizio in quanto si possono recuperare tramite i ricavi di futuri periodi (correlazione tra costi e ricavi). |
In termini più propriamente “fisici”, le rimanenze vengono anche identificate come il magazzino e può essere considerato il cuore dell’impresa (c’è chi parla anche di “polmone dell’impresa”).
Infatti così inteso, il magazzino svolge la funzione fondamentale di raccordo tra le entrate (acquisti) e le uscite (vendite) dell’impresa con in mezzo (ad esclusione delle imprese mercantili), il processo di trasformazione fisica e/o economica.
Lo schema previsto dal codice civile, alla voce comma I dell’attivo dello stato patrimoniale, prevede la suddivisione in 5 sub categorie contraddistinte da un numero arabo e quindi suscettibili di raggruppamento, aggiunte ed adattamenti (art. 2423-ter c.c.).
Sono appostate nell’attivo circolante e sono costituite da materie prime, sussidiarie e di consumo, prodotti in corso di lavorazione e semilavorati, commesse in lavorazione, prodotti finiti e merci, oltre agli acconti.
In particolare, l’art. 2424, c.c., colloca le rimanenze nell’attivo circolante dello stato patrimoniale alla voce “C I”, suddividendole in:
- materie prime e materie sussidiarie;
- prodotti in corso di lavorazione e semilavorati;
- lavori in corso su ordinazione;
- prodotti finiti e merci;
- acconti.