La pronuncia in esame ha avuto origine dal fatto che il Tribunale adito aveva parzialmente accolto l’opposizione di un professionista, ex artt. 99 e 209 Legge Fallimentare (R.D. 16 marzo 1942, n. 267), ammettendolo al passivo della liquidazione coatta amministrativa apertasi a carico di una società Cooperativa per una somma, comprensiva di CPA ed IVA, dedotta l’eventuale ritenuta d’acconto, per l’attività professionale da lui svolta in favore della Cooperativa, negandogli, però, l’invocato privilegio ex art. 2751-bis, comma 1, n. 2), c.c.
Avverso il decreto del Tribunale il professionista ricorre per Cassazione prospettando essenzialmente, per quanto qui di interesse, violazione della norma civilistica, per non essergli stato riconosciuto il privilegio previsto da detta disposizione, e chiede di collocare in privilegio la quota imponibile degli importi delle prestazioni professionali indicati nel provvedimento impugnato ed in chirografo l’importo del credito per rivalsa IVA.
La Cooperativa propone ricorso incidentale censurando, invece, la mancata declaratoria del difetto di legittimazione attiva del professionista a chiedere l’insinuazione del credito suddetto, ritenendosi essa spettante all’associazione professionale "Studio legale R." cui il credito stesso era stato conferito.
Esito del giudizio
Nel decidere la vertenza, la Suprema Corte, mediante l’Ord. n. 15290/2018 in esame, ha ritenuto infondato il motivo del ricorso incidentale accogliendo invece il ricorso principale del professionista, affermando il principio che in tema di ammissione al passivo del credito per l’attività professionale svolta da un avvocato a favore di una società sottoposta a procedura concorsuale, la circostanza che tutte le note professionali siano intestate allo studio legale non comporta il difetto di legittimazione ad agire del singolo professionista che, al contrario, è l’unico legittimato a richiedere il compenso, laddove risulti documentalmente provato che tutti gli incarichi ...