Al fine di stimolare l’innovazione dei processi e garantire la competitività futura delle imprese, il legislatore, con il DL 145/2013, ha introdotto il credito d’imposta sulle spese sostenute in materia di ricerca e sviluppo. La norma ha subito modifiche dapprima con l’entrata in vigore della Legge di Stabilità 2015 (l’art. 1, comma 35 della legge 190/2014 ha sostituito integralmente l’art. 3 del DL 145/2013), e successivamente con l’entrata in vigore della Legge di Bilancio 2017 (art.1, comma 15).
Il credito d’imposta in ricerca e sviluppo:
- matura per investimenti effettuati dalle imprese a partire dall’anno d’imposta successivo al 31 dicembre 2014 e fino all’anno d’imposta in corso al 31 dicembre 2020;
- richiede che vengano effettuati investimenti di ricerca industriale e di sviluppo sperimentale sostenendo costi per il personale altamente qualificato e tecnico, sottoscrivendo contratti di ricerca con facoltà universitarie, enti di ricerca, start up innovative ed acquistando beni ammortizzabili quali strumenti ed attrezzature di laboratorio;
- è commisurato, per ogni singolo periodo d’imposta, all’eccedenza degli investimenti effettuati rispetto alla media degli investimenti realizzati nel corso del triennio 2012-2014;
- è calcolato nella misura del 50% dell’eccedenza rilevata;
- è subordinato alla condizione necessaria che nel corso del periodo d’imposta in cui si intende applicare tale beneficio fiscale, l’impresa sostenga spese ammissibili di ricerca e sviluppo per almeno 30.000 euro;
- è riconosciuto per un ammontare massimo totale di 20 milioni di euro all’anno per ciascun beneficiario. Si ricorda che per gli investimenti effettuati fino al 31 dicembre 2016, l’ammontare massimo annuo riconosciuto del credito è pari a 5 milioni di euro;
- è utilizzabile esclusivamente in compensazione e per ottenerlo non occorre preventiva autorizzazione ma il comportamento concludente di iscrizione dello stesso e del suo utilizzo in dichiarazione dei redditi.