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Società di comodo: il pensiero della Cassazione

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Società di comodo: il pensiero della Cassazione

lunedì, 14 maggio 2018
La Corte di Cassazione, con la recente Sentenza n. 4156 dello scorso 6 dicembre, depositata il 21 febbraio 2018, è tornata nuovamente sulla disciplina delle società non operative, concludendo che è di comodo la società che affitta ad un canone modesto l’unico bene immobile di sua proprietà.
Scritto da: Gagliardi Filippo
La vicenda trae origine da un avviso di accertamento emesso dall’Agenzia delle entrate ai fini IRES, relativo al periodo di imposta 2006, che aveva retti?cato il reddito dichiarato da una società immobiliare, adeguandolo al minimo previsto dalla disciplina delle società di comodo, di cui all’art. 30 della L. 23 dicembre 1994, n. 724. A parere dell’Ufficio accertatore, infatti, il contribuente non aveva superato il test di operatività previsto dal citato articolo e doveva, pertanto, considerarsi di comodo, sottostando a tutte le conseguenza fiscali previste dalla richiamata normativa.

A tal proposito, si ricorda che per società di comodo, secondo la disciplina introdotta nel 1994, devono intendersi quei soggetti, società di capitali e di persone, che conseguono un ammontare di ricavi effettivi inferiore ai ricavi presunti, calcolati per effetto dell’applicazione di determinati coefficienti di legge ai propri assets patrimoniali.

La Corte di Cassazione ha già avuto modo di affermare che, attraverso la disciplina delle cd. società di comodo, "si intende disincentivare il fenomeno dell’uso improprio dello strumento societario, utilizzato come involucro per raggiungere scopi, anche di risparmio fiscale, diversi quale l’Amministrazione dei patrimoni personali dei soci da quelli previsti dal legislatore per tale istituto (cosiddette società senza impresa, o di mero godimento, dunque "di comodo").

Il meccanismo deterrente consiste nel fissare un livello minimo di ricavi e proventi correlato al valore di determinati beni patrimoniali, il cui mancato raggiungimento costituisce elemento sintomatico della natura non operativa della società, con conseguente presunzione di un reddito minimo, stabilito in base a coefficienti medi di redditività di detti elementi patrimoniali di bilancio.

A parere dei giudici, spetta al contribuente fornire la prova contraria, dimostrando l’esistenza di oggettive situazioni di carattere straordinario, specifiche ed indipendenti dalla sua volontà, che hanno impedito il raggiungimento della soglia di operatività e del reddito minimo presunto.

Le cause di esclusione



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