Esclusa la responsabilità solidale del Decreto Biagi: non c’è dimostrazione dell’adibizione specifica, anche se la S.p.A. è uno dei principali clienti dell’appaltatore. Decisivo il principio della ragione più liquida.
Nel contratto d’appalto niente responsabilità solidale a carico del committente su stipendi e TFR dovuti al lavoratore anche se è uno dei principali clienti dell’appaltatore. E ciò perché il prestatore d’opera deve provare di essere stato adibito in modo specifico a svolgere servizi ordinati dal committente per far condannare anche quest’ultimo insieme al datore a pagargli le differenze retributive in base all’art. 29 del Decreto Biagi. È quanto emerge dalla Sent. n. 2803/2017, pubblicata il 22 novembre dalla sezione lavoro del tribunale di Milano.
Economia processuale
Vittoria per la S.p.A. committente: sono soltanto appaltatore e subappaltatori che vengono condannati in solido a pagare al lavoratore gli oltre 5 mila euro ai quali ha diritto a titolo di retribuzione e di trattamento di fine rapporto. Che il prestatore d’opera sia legato da un rapporto subordinato alla cooperativa di servizi di pulizia emerge dalla lettera di assunzione, dalla comunicazione di cessazione, dalle buste paga e dalla certificazione unica. Ed è il principio della ragione più liquida che consente al giudice di escludere la condanna in solido della committente, a prescindere da ogni questione relativa alla riconducibilità o meno del contratto di subfornitura al contratto d’appalto e alla conseguente applicabilità del D.Lgs. n. 276/2003. L’obbligo di cui all’art. 29 in capo al committente scatta solo se il prestatore dimostra di aver svolto mansioni entro i servizi specifici oggetto dei contratti stipulati fra il primo e l’appaltatore. Non basta, come nella specie, che la spa sia uno dei principali committenti dell’appaltatore: manca la dimostrazione che sia l’unico cliente. Insomma: ragioni di economia processuale consentono al giudice di decidere la causa sulla base della questione ritenuta di più ...